Biografilm porta in anteprima italiana il film rumeno Touch me not di Adina Pintilie, vincitore dell’Orso d’Oro all’ultima edizione del Festival del Cinema di Berlino. Un lungometraggio controverso, atipico e sperimentale. Sette anni di lavorazione per raccontare una vicenda personale, la scoperta del proprio corpo e sulla ricerca dell’intimità. Una costruzione narrativa che ibrida realtà e finzione, un po’ documentaristico e un po’ artificioso. Proprio quest’ultimo aspetto è la croce e delizia di questa complessa pellicola. Da un lato è un prodotto sperimentale e perciò va preso come innovativo nel linguaggio ma dall’altro lato, se preso come prodotto filmico, è sconclusionato e inconcludente. Pesante e di difficile interpretazione. La sua visione non è adatta a tutti e presenta alcune scene al limite della pornografia che non tutti sono in grado di digerire.

Touch me not mette in mostra una tematica attuale sul corpo che viene eviscerata in tutti i suoi aspetti con estrema crudeltà e nudità. Segue i percorsi emotivi di Laura, Roman e Christian, lanciando uno sguardo profondamente empatico sulle loro vite. Loro tre stanno percorrendo un viaggio personale e intimo alla ricerca di un proprio equilibrio psico-fisico che sfida preconcetti mentali, tabù e pregiudizi della società. Cercano di vivere in modo libero la loro sessualità e di sentirsi al proprio agio con il loro corpo. Chi detiene il controllo? Cosa voglio dal mio corpo? Come mi vedono gli altri? Quando e come mi sento a mio agio? Tutte domande messe in mostra dal lungometraggio e che creano un dibattito in quanto molti aspetti toccano la sessualità. Essendo una società prettamente ancora bigotta e puritana, è difficile trattare determinati argomenti con facilità.  La regista, attraverso numerose inquadrature e camere di ogni genere (anche della sicurezza), cerca di mostrare un percorso nella sua crudità, senza filtri, senza censure e senza costruire una vera storia. La dura e cruda realtà.

Ebbene, Touch me not è un film sperimentale e perlopiù incompleto in quanto tende a raccontare una storia intima e pregna di sentimenti in maniera fredda, documentaristica e asettica. Paradosso che complica la visione e che cozza con il tema che vuole veicolare. Un argomento molto dibattuto e controverso che però in Touch me not colpisce perlopiù per le sue forti immagini e non perché promulgatore di un messaggio ben delineato e disteso. Tante e troppe scene e una narrazione troppo frammentata. La costruzione narrativa agisce per distacco e ogni volta sembra “voler dare un pugno allo spettatore” mostrando scene forti e, a volte, prive di un significato che ne giustifichino l’utilizzo. C’è la sottotraccia della libertà sessale ma, a volte, non è necessario mostrare in modo diretto, si può raccontare attraverso metafore e allegorie. Forse non siamo ancora pronti ad un film del genere, che va preso e valutato per la sua natura sperimentale, tuttavia rimane un lungometraggio lacunoso e che, dal mio punto di vista, non è stato in grado di fornire emozione o dibattito. Ne documentario e ne di finzione, si aggira in un limbo di avanguardia che tuttavia non è in grado di veicolare in modo adeguato il suo argomento cardine.

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