La saga di Matrix, che Lana e Lilly Wachowski concepirono negli anni Novanta, ha esercitato un’indiscutibile influenza nel cinema e nell’immaginario dei decenni successivi. A Matrix (1999) fecero seguito Matrix Reloaded e Matrix Revolutions, entrambi usciti nel 2003 ed entrambi recepiti in maniera molto meno entusiasta del primo capitolo. Tra il 2019 e il 2021, la sola Lana Wachowski scrive (con David Mitchell e Aleksandar Hemon) e dirige Matrix Resurrections, in sala dalla fine del 2021, ponendolo come sequel del terzo capitolo. Anche questa volta vediamo Neo (Keanu Reeves) intrappolato in una simulazione di natura sconosciuta dalla quale verrà liberato da Bugs (Jessica Henwick) e dal nuovo Morpheus (Yahya Abdul-Mateen II), per scoprire una nuova inquietante verità. Tra i personaggi tornati per questo quarto capitolo troviamo Trinity (Carrie-Anne Moss), Niobe (Jada Pinkett Smith), l’agente Smith (stavolta interpretato da Jonathan Groff) e il Merovingio (Lambert Wilson); si segnalano tra i nuovi interpreti Neil Patrick Harris, Priyanka Chopra e Christina Ricci.

Resurrections è un vero e proprio soft reboot della saga di Matrix. Dopo gli sviluppi abbastanza netti del terzo capitolo, si è deciso di concepire questo seguito come un nuovo punto di partenza della trama, senza tuttavia cancellare gli eventi dei precedenti episodi. La struttura e la maggior parte degli avvenimenti di Resurrection sono quindi estremamente riconducibili a quelli visti nel primo. Lana Wachowski gioca su questi parallelismi e sulla metanarrazione in maniera spesso creativa, sfruttando anche le scene d’azione estremamente dinamiche e singolari diventate ormai iconiche nel cinema contemporaneo.

Riferimenti diretti e indiretti sono indubbiamente presenti, come neanche diversi ammiccamenti legati al tempo trascorso tra il primo e il quarto film. Si ha però la sensazione che Resurrections cerchi troppo la via del calco del capostipite, non giocando abbastanza con l’intertestualità come fece ad esempio Trainspotting 2 di Danny Boyle, anch’esso distante vent’anni dall’originale ed anch’esso scritto e diretto dallo stesso autore. Anziché basarsi sulla linearità del tempo, Resurrections sceglie il modello circolare (riprendendo, forse non a caso, il significato originale del termine “rivoluzione”), nel quale tutto finisce per ripetersi.

Il risultato è comunque di buon livello; il marchio di fabbrica Wachowski è pur sempre presente. Azione spettacolare e umanismo anche qui coesistono e creano quella che sarà la partenza di una potenziale nuova storyline. Sperando nel successo in sala e soprattutto che l’autrice non ripeta gli errori commessi nel secondo e nel terzo capitolo.

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