In pochi anni di carriera, Federico D’Alessandro è stato in grado di lavorare come storyboard artist in un’enorme quantità di blockbuster hollywoodiani. Grazie all’appoggio di Netflix, D’Alessandro quest’anno ha potuto esordire come regista con Tau, film disponibile esclusivamente sulla celebre piattaforma di streaming. Tau racconta il rapimento della malvivente Julia (Maika Monroe) ad opera dell’amministratore delegato di una compagnia di software, Alex (Ed Skrein), che necessita dell’aiuto della ragazza in una serie di esperimenti sull’intelligenza artificiale. Per tentare di fuggire, Julia cercherà di farsi alleata Tau (doppiata da Gary Oldman), l’IA che controlla la futuristica abitazione di Alex.

Nel vedere il nome di David S. Goyer tra i crediti (qui come produttore) è quasi matematico avere dei dubbi sulla qualità del risultato finale. In questo caso i dubbi diventano certezze: Tau è scontato, approssimativo e visibilmente più piatto di quello che vorrebbe far credere. L’idea di detenzione e claustrofobia che il film dovrebbe trasmettere viene contrastata da una fotografia troppo vivace, che sfoggia talmente tanti filtri cromatici da far apparire la villa di Alex più come una discoteca che come un luogo di prigionia. Se a questo aggiungiamo la discutibile qualità della CGI con la quale è animato il robot di sorveglianza della villa, possiamo intuire che il comparto tecnico non è esattamente il punto di forza di Tau. Purtroppo non è nemmeno il suo punto debole.

Lo svolgimento dell’azione è infatti il vero tallone d’Achille del film, già a partire dalle premesse. La trama inizia con un pretesto narrativo che definire forzato è poco. Alex non ha completato il suo progetto entro il tempo limite impostogli dal consiglio d’amministrazione della sua compagnia; poiché l’uomo ha dei chiari squilibri mentali, rapisce persone da usare per implementare il software in modo da terminarlo più in fretta, liquidando i ritardi con la scusa di voler lavorare solo e senza aiuti. Per evitare l’intervento delle autorità egli seleziona le sue vittime tra individui solitari ai margini della società, criminali principalmente. Questa premessa sembra davvero essere stata architettata ad arte dagli autori solo per permettere l’interazione prolungata tra una vittima rapita e un’avanzatissima IA, senza interferenze esterne; si trovano a coesistere troppe implausibilità per non rimanerne perplessi.

Gli eventi successivi al rapimento non sono organizzati meglio. Sembra quasi che Tau provi a mettere sul tavolo una moltitudine di spunti riuscendo tuttavia a portarne avanti solo una piccola parte. Un primo tentativo di fuga appena dopo il rapimento, ideato da Julia assieme agli altri due prigionieri che erano con lei, si conclude entro i primi 20 minuti con la morte di entrambi i compagni di cella della ragazza. Il tentativo di lei di legare con Tau, al quale poi finisce per affezionarsi, sembra più adatto a un film Disney che a una storia di abusi e omicidi. Non manca ovviamente il momento in cui Julia cerca di far capire all’IA che quest’ultima non deve obbedire per forza al suo padrone e che è libera di fare le sue scelte; per creare un punto d’incontro tra i due personaggi viene tirata fuori dal cilindro l’infanzia di Julia, segnata dalle violenze paterne che la ragazza vorrebbe accomunare a quelle che Alex infligge di continuo a Tau. Ovviamente questo aspetto della trama non verrà mai più ripreso, lasciandoci addirittura dubbi sul fatto che nel contesto del film queste violenze siano avvenute davvero (non dimentichiamo che Julia vive di furti e non è quindi propriamente un esempio di virtù).

C’è da dire che è comunque rispettabile l’idea del film di usare le figure della rapita e del rapitore per provare a rappresentare la violenza domestica. Alex tiene rinchiusa Julia e la usa per i propri scopi, ma pranza con lei e accontenta alcuni dei suoi desideri. Nel contesto della storia, un simile utilizzo di elementi rituali della vita di coppia rende Alex più simile ad un marito psicopatico che a un comune rapitore. Per tentare la fuga, Julia approfitterà proprio di questo aspetto, cercando di sedurlo per crearsi un’apertura che le consenta di fuggire. Anche la ricerca della conoscenza da parte di Tau, sulla quale Julia farà leva per farselo alleato, risulta una tematica tutto sommato apprezzabile, che si estenderà fino al finale. Rimane il fatto che i difetti di Tau sono talmente numerosi da offuscarne tutti i pregi; si spera che nella sua prossima prova da regista D’Alessandro avrà imparato dagli errori emersi nella sua opera prima.

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