30 anni fa il debutto, sul canale ABC, della serie che ha cambiato il modo di fare televisione.

Sono passati esattamente 30 anni da quel fatidico 8 aprile 1990 in cui, negli schermi televisivi americani (in Italia sarebbe arrivata a gennaio dell’anno dopo), veniva trasmesso il primo episodio di quella che sarebbe diventata una delle serie tv più apprezzate e discusse di tutti i tempi.
Stiamo ovviamente parlando di Twin Peaks (I segreti di Twin Peaks, nella traduzione italiana, nda) il capolavoro ideato da David Lynch e Mark Frost.
La serie venne trasmessa sul canale americano ABC per due stagioni, prima di una cancellazione forse troppo frettolosa e non priva di polemiche. Seguì poi nel 1992 il film-prequel Fuoco cammina con me che provava a rispondere (ma parlare di “risposte certe” per Twin Peaks è sempre molto relativo) ai molti interrogativi lasciati in sospeso dalla serie tv. Ed infine nel 2017, dopo esattamente 25 anni, come profetizzato dal finale della seconda stagione, l’evento Twin Peaks – Il ritorno, a cura questa volta della piattaforma americana Showtime, in cui il ritrovato duo Lynch-Frost ha provato (a suo modo ovviamente) a dare un finale degno a tutta la vicenda riguardante l’”affaire Laura Palmer”.

Ma quali sono stati i motivi e le cause del successo di questa serie tv? Intanto è bene partire dall’inizio:

Il cadavere di Laura Palmer (Sheryl Lee) nel primo episodio di Twin Peaks – screenshot da www.youtube.com.

Tutto comincia quando, vicino ad un fiume, viene rinvenuto il cadavere, rivestito nella plastica, di Laura Palmer (Sheryl Lee), liceale sedicenne della zona. La strana morte della ragazza mette in subbuglio tutta la cittadina di Twin Peaks, in cui Laura era ammirata da tutti e vista come modello di brava ragazza. Per questo motivo viene inviato ad indagare sul posto l’agente dell’FBI Dale Cooper (Kyle MacLachlan), il quale è spinto in questa missione anche per le indagini relative ad una misteriosa Loggia Nera che pare avere sede proprio in questo luogo…

Ben presto, questo semplice pretesto narrativo (l’indagine sulla morte di una ragazzina) diventa una scusa per metter in mostra e indagare su tutta la (relativamente) piccola comunità di Twin Peaks, un posto che appare come lontano da qualsiasi altra forma di spazio e di tempo e in cui ognuno degli strambi abitanti che la popolano non è quello che sembra!
Ogni singolo personaggio, grazie al grande lavoro di scrittura e caratterizzazione compiuta dal duo Lynch-Frost e dal comparto tecnico della rete, è a suo modo iconico e caratterizzante, un “bestiario umano” in cui le divisioni fra buoni e cattivi non esistono, ma esiste solo una realtà talmente complessa da non poter essere in alcun modo categorizzabile.

E già in questa premessa sta il motivo per cui Twin Peaks suscita così tanto interesse. Va detto, innanzitutto, che è stata una delle prime serie a fare della propria “autorialità” il suo punto di forza principale. In un epoca in cui la serialità non veniva ancora vista come qualcosa che potesse avere un qualche valore artistico (semmai puramente commerciale), il fatto che un autore del calibro di David Lynch, già ampiamente riconosciuto come regista cinematografico visionario e geniale, potesse avere un qualche interesse a produrre qualcosa in quest’ambito era già di per sé qualcosa di eccezionale.

L’agente dell’FBI Dale Cooper (Kyle MacLachlan), protagonista di Twin Peaks – screenshot da www.youtube.com.

In realtà, già in passato c’erano state incursioni del mondo del cinema nella televisione (basti pensare alle serie antologiche come Alfred Hitchcock presenta e The Amazing Stories che aveva visto lavorare alla regia di alcuni episodi anche gente del calibro di Steven Spielberg, Martin Scorsese e Clint Eastwood), ma si trattava sempre di prodotti in qualche modo legati più all’idea del tv-movie che della serie televisive vere e proprie.

Lynch decide, per la SUA storia, di curare personalmente tutto il concept della serie mantenendosi rigorosamente in quelle che erano le regole sintattiche del medium su cui andava a lavorare. Per di più cimentandosi nel genere soap-opera, considerato come l’emblema della tv spazzatura.

E di fatto Twin Peaks è una riuscita soap-opera poliziesca in cui si assiste, di volta in volta, a drammi e plot twist fortemente esagerati. Ma proprio per questo suo aspetto grottesco la serie è la perfetta parodia proprio di questo tipo di prodotti (ben evocati nelle scene in cui i vari personaggi rimangono ipnotizzati davanti al televisore a guardare una bizzarra telenovela intitolata Invitation To Love) con i suoi personaggi e situazioni fuori dalle righe in ambienti chiusi e angusti.
Un primo esempio, dunque, di meta-televisione, fatto in maniera giocosa e parodistica e utilizzando gli stessi elementi e cliché di cui voleva farsi gioco.

Ma è soprattutto la complessità e il suo essere una serie fortemente criptica i punti di forza della serie. Per la prima volta si applica ad una serie tv il concetto di meta-testo e di “teoria dei fan” per cui Twin Peaks in realtà è un universo in cui non esiste una reale spiegazione per ciò che accade, ma tutto viene lasciato in sospeso e può dare adito ad altrettante fan-fiction e teorie ispirate ad essa. Una cosa non usuale in un’epoca dove, invece, la serie televisive si basavano su plot molto basici e schemi ripetitivi in cui la facilità della comprensione da parte del pubblico era considerata come la qualità principale.
Senza Twin Peaks, dunque, non sarebbero state possibili le serie tv successive che ad essa si sono ispirate, e che hanno dato il via ad una vera e propria tradizione nel settore in cui la complessità di trame e personaggi vale di più che non la semplice “soluzione” del mistero stesso, aprendo così la strada alla Seconda Golden Age delle serie tv (con titoli come X-Files, Lost, True Detective…  per cui Twin Peaks è chiaramente un modello ispiratore) e definendo per la prima volta il concetto di “serie tv di qualità”.

Un immagine tratta da Twin Peaks-The Return (2017) – screenshot da www.youtube.com

Come infatti affermato dallo stesso Lynch, nel documentario del 2007 a lui dedicato A Slice of Lynch, la storyline principale di Laura Palmer non è nient’altro che un pretesto, “un albero da cui pendono tutti gli altri rami“. E questi rami sono, per l’appunto, tutti i personaggi della cittadina per cui la serie, mascherata da abile soap-crime, è in realtà un viaggio all’interno dell’animo umano visto in tutte le sue sfaccettature.

Tutto questo unito allo stile autoriale di Lynch, per cui ogni character, oggetto o musica usata nella serie è divenuta ben presto iconica, definendo un vero e proprio “stile-Twin Peaks“.
Basti pensare alle torte di ciliegie (rigorosamente unite a ciambelle e caffè nero) divorate, in ogni episodio, da Cooper e compagni. Un elemento di contorno che però, nella serie, assume connotati quasi simbolici. Allo stesso modo, la serie si presenta come un concentrato di tutta quella che è la cultura pop americana del XX secolo, con il suo stile e le atmosfere volutamente campy che si rifanno agli anni 50 e 60, l’uso della musica rock, jazz e country (nel film Fuoco cammina con me compaiono come attori perfino le rockstar  David Bowie e Chris Isaak), i rimandi alla letteratura gotica e ai miti dei nativi d’America, la filosofia zen (molto presente nella contro-cultura americana anni 60), le teorie del complotto e il folklore ufologico per cui la serie ha anticipato anche molti dei temi della società contemporanea.

Il cantante David Bowie (al centro) in una scena del film “Fuoco cammina con me” (Fire Walks With Me) – screenshot da www.youtube.com.

La commistione di generi, ogni volta diversi fra loro, amalgamati all’interno dei vari episodi, gioca un ruolo molto importante in questo senso. Si passa dal già citato soap-crime alla comedy (spassossisimi in questo senso i personaggi di Andy e Lucy) passando dall’horror soprannaturale al family-drama fino alla sci-fi.

Proprio per la sua doppia natura di “serie tv cinematografica”, la si può considerare anche uno dei primi esempi di narrazione transmediale, passando anche attraverso l’uso di uno studiato merchandising (il famoso Diario segreto di Laura Palmer scritto da Jennifer Lynch). Ogni singolo elemento della serie ha impresso, a suo modo, un segno per quanto riguarda la memoria collettiva. A partire dall’uso del sonoro e della musica con le sperimentazioni a cura del compositore Angelo Badalamenti, collaboratore storico di Lynch e autore del famoso tema musicale che accompagna la sigla di apertura.

C’è un po’ di tutto in Twin Peaks insomma, ed è anche questo uno dei motivi di grande consenso da parte di ogni tipo di pubblico televisivo: da quello più sofisticato a quello più mainstream.
Anche se la trama infatti non è sempre (quasi mai in realtà) di facile comprensione, chiunque può trovare in essa uno stimolo per la visione di questo “sogno” cinematografico sotto forma di serie tv!

Immagine tratta dalla serie Twin Peaks (1991) – screenshot da www.youtube.com.

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