Diciannove anni fa aveva inizio la saga cinematografica dedicata agli X-Men, tra i più noti personaggi dei fumetti Marvel. Da sempre utilizzati per descrivere la diversità e condannare le discriminazioni, gli X-Men hanno dimostrato di poter funzionare perfettamente anche sotto forma di film, sviluppandosi in una trama che ha coperto decine di anni. Questo percorso si è svolto sotto l’egida della Fox, all’epoca proprietaria dei diritti cinematografici dei personaggi; la recente acquisizione di Fox da parte di Disney segna la fine della serie canonica degli X-Men, destinata ad essere riavviata sotto la nuova guida. X-Men – Dark Phoenix, scritto e diretto da Simon Kinberg, sarà il film che chiuderà questo “periodo Fox”, raccontando l’assorbimento dell’entità cosmica Fenice da parte della mutante telepate Jean Grey (Sophie Turner). Il suo potere sarà così incontrollabile da costringere l’intero gruppo di mutanti, amici e nemici, ad unirsi per combatterla.

Dark Phoenix adatta il ciclo fumettistico noto come la Saga di Fenice Nera, pubblicato nel 1980 e già una volta portato sullo schermo con X-Men – Conflitto finale (2003) di Brett Ratner. Il film in questione però non ebbe i giudizi sperati, venendo ricordato ancora oggi come uno dei peggiori capitoli della saga. Dark Phoenix nel complesso non può dirsi un film eccezionale, ma nell’affrontare lo stesso materiale di base gli risulta superiore. Più focalizzato su Fenice e su ciò che circonda il suo personaggio; meglio curato a livello visivo; ma soprattutto, dotato di una versatile componente metafilmica che costituisce il suo punto di forza principale.

Dark Phoenix è un film estremamente consapevole del proprio status e della realtà che lo ha generato. Ben consci che sarebbe stato il viaggio conclusivo degli X-Men alla Fox, i suoi autori lo hanno costruito in modo da rappresentare un commiato alla saga e allo stesso tempo togliersi diversi tipi di sfizio. L’esempio più chiaro è logicamente nelle sequenze finali, inno al cambiamento e al nuovo corso, ma in tutto il film si rintracciano esempi ben più sottili.

Se c’è un aspetto che non manca a Dark Phoenix è, negli standard del genere, l’audacia. Nell’attuale supereroismo l’elemento della morte è maneggiato con estrema cautela; raramente vediamo morire i protagonisti e i loro alleati più importanti. Nel film di Kinberg invece le morti davvero rilevanti non mancano; i mutanti che ne sono vittima tra l’altro sono interpretati da attori che nella maggior parte delle opere in cui recitano hanno assicurata la salvezza dei propri personaggi. Ciò si ricollega strettamente al carattere conclusivo e consapevole di cui sopra e a tutte le libertà che questo permette.

Anche la sottomissione di Charles Xavier (James McAvoy) ad opera di Jean suona come uno schiaffo all’ordine costituito dei cinecomic. Jean, sobillata dall’aliena Lilandra (Jessica Chastain), usa i propri poteri telecinetici per sollevare il paraplegico Xavier dalla sua sedia a rotelle e costringerlo a “camminare” lungo una rampa di scale fino al piano superiore, dove ella si trova. Una simile umiliazione di un personaggio con disabilità motoria è più unica che rara in una categoria come quella dei cinecomic, sempre sulla cresta dell’onda politically correct.

Dark Phoenix sfrutta la piena conoscenza degli eventi della nostra realtà anche per lanciare frecciatine Ai Marvel Studios. Dopo che Disney acquisì Fox, fu annunciato che gli X-Men sarebbero stati integrati all’interno del Marvel Cinematic Universe, la colossale saga supereroistica composta dagli eroi Marvel di proprietà Disney. Quest’operazione sarà accompagnata da un inevitabile reboot che cancellerà tutto ciò che gli X-Men sono stati negli ultimi vent’anni al cinema. Il carattere repressivo di Marvel/Disney viene messo in scena tramite un fine ammiccamento: il nome del corpo armato per il controllo dei mutanti. La sigla che vediamo sulle braccia dei suoi agenti è proprio MCU, acronimo di “Mutant Control Unit” o “Mutant Containment Unit”, ma che gli spettatori più attenti non possono non ricollegare a “Marvel Cinematic Universe”.

La saga di X-Men è stata tra i principali fautori dell’avvento del cinecomic in sala; non solo, ha contribuito a dimostrare che si può fare del cinema validissimo anche incentrando una trama su un supereroe. Disney, che invece sta sempre più appiattendo il panorama dei cinefumetti, probabilmente non gioverà al franchise. È un destino sfortunato che però ha permesso a Dark Phoenix di distinguersi un minimo dai film più recenti dello stesso filone, sempre nei limiti del genere stesso. Togliersi tutti i sassolini dalle scarpe è stata la decisione giusta per una saga ormai da tempo in calo qualitativo come quella degli X-Men. Sconfitta, ma non senza combattere.

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