Ormai si può tranquillamente dire che la Cina si sta affermando come nuova potenza mondiale per quanto riguarda il cinema d’animazione.

Tra i paesi dell’Est Asiatico, infatti, il solo Giappone è riuscito a creare una vera e propria industria di anime da poter creare una vera e propria concorrenza ai rivali americani (tanto che, ancora oggi ne sono il principale concorrente).

Tuttavia anche il mercato cinese dell’animazione, pur partito da poco, sta dimostrando di essere al pari dei colleghi del Sol Levante, come dimostra il successo, nel 2016, del film Your Name.

Big Fish And Begonia riprende esattamente da lì, con una tecnica d’animazione che ricalca esattamente lo stile e i cliché dei film made in Studio Ghibli, ma caratterizzandoli con una morale tipicamente cinese.

A prima vista, infatti la vicenda raccontata ha tutto il sapore degli echi di Miyazaki (in effetti è stata descritta come la risposta a La città incantata) con una giovane protagonista, Chun, appartenente a un mondo parallelo al nostro dove i giovani compiono un “rito di passaggio” passando una settimana sulla Terra sotto forma di delfini. Durante questo periodo la giovane s’innamora di un giovane essere umano. Questo l’aiuta a salvarsi dalle reti dei pescatori che l’hanno intrappolata e che le impediscono di tornare a casa. Chun si salva ma il giovane muore e a questo punto Chun decide di fare un patto con una potente strega del suo mondo.
Questa trasforma il giovane in un delfino a cui Chun dovrà badare fino a che non sarà abbastanza grande da poter passare attraverso il varco e tornare a casa. Nel momento in cui tutto questo si compirà però Chun avrà la propria vita dimezzata rispetto a quanto previsto da suo destino.

Già da questo incipit si possono notare alcune somiglianze con La città incantata (ma anche un substrato narrativo che attinge a piene mani dalla favolistica mondiale tra cui le fiabe di Andersen). Tuttavia Big Fish And Begonia si dimostra, per molti aspetti, diverso dal film di Miyazaki. tanto per cominciare la tematica sessuale è resa in maniera più evidente, risulta chiaro che l’opera è rivolta ad un pubblico più tardo-adolescenziale e quasi adulto, mentre l’opera di Miyazaki rimaneva sempre ristretta al target più infantile (ovviamente anche qui non ci sono scene esplicite di sesso però si avverte il tono più maturo della pellicola).

Anche qui, inoltre, c’è una tematica ambientalista di fondo e la “punizione divina” per chi infrange questo delicato sistema naturale delle cose. E si può dire che, da questo punto di vista, il film si presenta come più manicheo e poco incline alle soluzioni narrative facili. Il percorso di formazione che la protagonista compie è un cammino difficile, fatto di scelte che, ogni volta, comportano una perdita di qualcosa/qualcuno di importante per lei, ma solo grazie ad esse riuscirà a raggiungere il suo obiettivo e ad essere felice.

Immagine tratta dal film Big Fish And Begonia, su gentile concessione di Ufficio Stampa Future Film Festival

Si tratta di una fiaba amara con un finale agrodolce, ma proprio in questo sta la forza del film: nella sua empatia che crea con lo spettatore tramite i vari plot twist che compongono il film come tanti frammenti di un mosaico unico. L’attenzione, in questo modo non cala mai e non esiste nessun tempo morto, fino all’ultimo non si può mai sapere se Chun riuscirà nel suo obiettivo oppure no.

Per quanto riguarda la tecnica d’animazione il film rispecchia in tutto e per tutto i canoni miyazakiani (anche alcuni esseri che popolano l’upside down dove vive Chun sembrano quasi ricalcati da La città incantata) con una buona dose di sperimentazione per quanto riguarda i fondali, soprattutto quelli marini che mischiano animazione tradizionale con una buona CGI che gioca con i riflessi dell’acqua e la condizione del mare.

Mare che diventa, di volta in volta, casa accogliente ma anche, allo stesso tempo, portatore di morte, così come simbolo di rinascita nel finale, ed è, a tutti gli effetti, il co-protagonista del film.

Big Fish And Begonia non è un film facile, anzi colpisce proprio per la sua complessità tematica e stilistica. Si tratta di un film pieno di rimandi e simbolismi in cui alla fine tutti nodi tornano al pettine e l’equilibrio viene sempre ripristinato.
Così come accade in natura, così come accade tra i due mondi del film. Come direbbe Eraclito (sempre a proposito di metafore acquatiche): tutto scorre!

Immagine tratta da Big Fish And Begonia, sui gentile concessione di Ufficio Stampa Future Film Festival

 

 

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