Un’opera prettamente “europea” firmata da un regista americano che parla dell’America di oggi e delle sue contraddizioni, sullo sfondo una storia d’amore intensa e problematica con due star d’eccezione.

“What was interesting, though, was that you can tell that because I’m Black, as the director, and the woman is a Black lead, stars in the film, she’s already trying to frame it through a political lens, when in reality, it’s a film about a girl trying to get clean.”

 

Se il 2020 fosse riassunto in poche parole sarebbero sicuramente “pandemia”, “Black Lives Matter”, “femminismo” e “politically correct”, considerando i temi caldi che si sono succeduti in questi mesi.

Tutto questo si trova tranquillamente condensato nella pellicola “Malcolm & Marie” dell’attore e regista Sam Levinson, uscita di recente su Netflix, una pellicola che, più d ogni altra, vive del tempo presente e del periodo in cui si trova ad uscire.

 

Scena tratta dal film “Malcolm And Marie” di Sam Levinson, screenshot da www.youtube.com.

A partire, prima di tutto, dalla condizione in cui è stata girata: si tratta infatti del primo film girato e completato interamente durante il periodo di pandemia di Covid-19. Il tutto in segreto, per rispettare le restrizioni dovute alla pandemia stessa, il che lo rende, già solo per questo motivo, un film “storico”.
Tutto questo si nota anche nella realizzazione stessa del film, con un impianto oltremodo minimalista (location unica, due soli attori in tutta la pellicola, dialoghi per la maggior parte a distanza…), un modo di girare che potrebbe eventualmente fare scuola per altre produzioni del genere se continuasse l’emergenza.

Ma non è solo per questo che la pellicola è “figlia del suo tempo”. In Malcolm & Marie Levinson condensa in un’ora e un quarto di pellicola tutte le tematiche che hanno accompagnato il dibattuto pubblico degli ultimi mesi, ricostruendo un microcosmo tremendamente reale in cui all’interno della trama (molto semplice e all’apparenza banale) non è difficile scorgere una polemica non da poco al mondo del cinema contemporaneo e, in particolare, alla critica cinematografica.

Nonostante, infatti, la citazione iniziale e il continuo rimarcare questo concetto in quasi tutti i dialoghi dei due co-protagonisti, non si può non vedere un aspetto di critica sociale dietro quello che apparentemente è un sentimental drama sullo stile e genere di film come Storia di un matrimonio, con un ritmo narrativo che alterna momenti comici da screwball comedy e momenti introspettivi sullo stile di un certo cinema europeo d’autore.

La storia parla del rapporto burrascoso e inquieto di una giovane coppia di afro-americani, il regista Malcolm (interpretato da John David Washington) e la modella Marie (interpretata da Zendaya). I due vengono colti in un momento particolare della loro vita: Malcolm ha appena finito di presentare alla stampa il suo primo film scritto e diretto da lui, che ha avuto buone critiche sia dalla stampa che dal pubblico. Per questo motivo risulta particolarmente euforico e su di giri. La sua fidanzata Marie però risulta tutt’altro che entusiasta ed il motivo viene ben presto svelato: alla presentazione Malcolm ha ringraziato tutte le persone a lui care e i suoi collaboratori, ma non ha fatto alcun cenno a lei che pure gli è stata accanto in tutti quei mesi.

John David Washington, co-protagonista di “Malcolm And Marie”, screenshot da www.youtube.com.

Da qui comincia una lite e una serie di discussioni fra i due che rappresentano tutto il fulcro su cui ruota la pellicola. Una lunga seduta psicologica in cui i due fidanzati mettono a nudo i propri sentimenti l’uno per l’altro rivelando vizi e virtù reciproci.
La pellicola è strutturata come una partitura musicale in cui ai vari cambiamenti della soundtrack (sempre molto ricercata, con brani storici che vanno da Dionne Warwick a William Bell e la colonna sonora inedita di Labrinth) sono legati i vari climax e anti-climax tematici che scandiscono l’evoluzione delle discussioni dei due co-protagonisti.
A livello di comparto tecnico va inoltre lodata la scelta stilistica di sottolineare tali cambiamenti con altrettanti cambi d’abito/look dei due e altrettanti cambi di location (di volta in volta la cucina, il salotto, la camera da letto…). Questo si nota particolarmente nel personaggio di Marie, meravigliosamente interpretata da una Zendaya (anche co-produttrice della pellicola) in stato di grazia, i cui cambi d’abito simboleggiano metaforicamente i cambiamenti d’umore del proprio personaggio passando dai toni più scuri e colorati, quando è arrabbiata, a quelli più chiari come il bianco della sottoveste nel finale, quasi a simboleggiare il probabile raggiungimento di uno stato di serenità (ma da questo punto di vista il film lascia un finale più che aperto).
Quest’ultimo aspetto risalta grazie al bianco e nero meravigliosamente utilizzato nel film dal direttore della fotografia Marcell Rév, che dona alla pellicola un particolare gusto vintage che, unito all’uso della pellicola 35 mm, rende Malcolm & Marie un film dal gusto cinefilo, quasi un omaggio ai grandi classici come Manhattan di Woody Allen (di cui non si può non vedere un’altra importante fonte d’ispirazione per questo film di Levinson).

L’uso particolare della musica, le scelte registiche annesse (meraviglioso il piano-sequenza iniziale dell’arrivo dei due in casa) e i cambi continui di umore dei due creano un ritmo narrativo preciso e di facile presa, unito ai dialoghi che giocano sempre sulla tensione emotiva dei due in maniera climatica senza però sfociare mai in situazioni troppo estreme.

Da questo punto di vista la pellicola è stata criticata per l’artificiosità dei dialoghi e alcune citazioni che potrebbero apparire fin troppo da “addetti ai lavori” per un’opera che, nelle intenzioni, si rivolge ad un pubblico mainstream (e la scelta di farla uscire su Netflix certamente non può essere un caso). Di essere quindi fin troppo intellettuale e “snob”, poco autentica.
Eppure anche in questo caso è lo stesso film a mettere le mani avanti su possibili critiche al proprio contenuto proprio all’interno di uno dei tanti dialoghi fra i due protagonisti:

Malcolm: “Do you know why people love that word (authenticity, ndA)? […] They don’t know what makes something good.
Marie: “I think authenticity is the key”.
Malcolm:Of course, because that’s all you have to offer. […] The only word that people that don’t know shit about film feels like they got something to offer. They can’t say anything about film, but they love to talk about authenticity. […] Authenticity does not matter, your perspective doesn’t […] recreating reality, doesn’t make something interesting”.

 

Zendaya, co-protagonista di “Malcom And Marie”, screenshot da www.youtube.com.

Un vero e proprio “manifesto poetico” che vale per tutta l’opera di Levinson, rivendicato con forza dalle parole del suo stesso personaggio. E in realtà Malcolm & Marie di base è proprio questo. Dietro la metafora della crisi di coppia dei due protagonisti alla base vi è una riflessione sul significato stesso del cinema (soprattutto del cinema “politico”) e di come questo venga recepito oggi dallo spettatore.
La diatriba fra i due innamorati è quella, in realtà, fra due modi di vedere la settima arte: semplice intrattenimento (che non vuole essere ingabbiato dentro schemi rigidi e precisi) oppure arte impegnata, che non può prescindere dall’avere uno scopo politico.
E da qui la riflessione diventa ancora più generale poiché si va a toccare temi via via sempre più attuali come i diritti civili, la censura, il punto di vista degli afro-americani sui “bianchi” (e viceversa) e il femminismo.
Quest’ultimo rappresentato soprattutto da Marie, le cui rivendicazioni sul suo ruolo nel lavoro del compagno appaiono una non troppo celata critica verso l’ingabbiamento in cui si trovano alcune figure femminili nel cinema.

E questo rende il personaggio di Zendaya proprio il character più interessante e sfaccettato dell’intera pellicola, in pratica il vero deus ex-machina di tutto, in un continuo meccanismo di “sconfessione di sé stesso” da parte dell’autore stesso. Levinson fa dire ai propri personaggi che l’importante in un film non è l’autenticità e lo fa usando un linguaggio volutamente ricercato e citazioni cinematografiche che non sono affatto semplici. E per tutta la pellicola parla male dei cosiddetti film “politici” (o che la critica ritiene tali) e mettendo in scena tutta l’ipocrisia del suo stesso mondo.
Ma così facendo il risultato è che Malcolm & Marie diventa, di fatto, proprio un film “politico” e “autentico” forse uno dei più autentici usciti nell’ultimo periodo, capace di raccontare il presente e le sue idiosincrasie come pochi altri.

Questo anche grazie ad un’interpretazione spettacolare dei due protagonisti da parte di John David Washington e di Zendaya, i quali si rivelano una “coppia” cinematografica molto riuscita, con un’affinità e una sinergia uniche e in grado di restituire sullo schermo tutta l complessità e le mille sfaccettature dei rispettivi personaggi.

Il meraviglioso bianco e nero a cura del direttore della fotografia Marcell Rév, screenshot da www.youtube.com.

Malcolm & Marie si rivela dunque una pellicola che può essere vista sotto molti strati e punti di lettura diversi. Si tratta certamente di una pellicola che cerca di fare il punto sull’epoca che stiamo vivendo, e lo fa sfruttando proprio le condizioni che l’epoca stessa impone (chiudendo “in lockdown” i propri protagonisti). Una riflessione profonda e assolutamente non banale di tematiche attuali e del ruolo della settima arte.
Ma anche una pellicola che non risparmia nulla per quanto riguarda lo sperimentalismo narrativo e che fa della sua estetica “vintage” il proprio punto di forza, confezionando un prodotto capace di ammaliare e sedurre al primo sguardo lo spettatore.
Il film migliore, dunque per inaugurare questo 2021, nella speranza di vederlo, prima o poi, proiettato anche al cinema con tutto il fascino del suo 35mm!

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