Il cinema è da sempre legato al fattore tempo, sia per narrazione che per durata, ma tale elemento porta in risalto anche la memoria in quanto legata ad una rievocazione di un tempo passato che riviene a galla in determinati contesti. La memoria è essenziale per rievocare ricordi e ricostruire i pezzi salienti di una persona. Costruire, distruggere, distorcere o manipolare una mente agendo sulla percezione del tempo. Non è un caso che quasi tutti i problemi celebrali siano connessi con la percezione temporale e con la rievocazione della memoria, la mente umana è fragile, ma è colei ci permette di compiere numerose cose e, di conseguenza, di definirci come persone. La mente pensatrice che viene condizionata dallo scorrere del tempo. Sulle dinamiche tempo-mente-percezione si sono scritti tantissimi saggi, studi scientifici e sono stati realizzati numerosi lungometraggi che hanno eviscerato questo rapporto. Nel cinema le dinamiche temporali sono fondamentali in quanto c’è un determinato tempo per scandire una storia, ma lo scorrere del tempo diegetico può essere scardinato, rovesciato, rovinato, frammentato e manipolato. Un film deve avere un inizio, un intermezzo e una fine ma l’ordine temporale può essere fuori sincrono per scelta narrativa o per creare suggestioni emotive/percettive. Spesso tale possibilità narrativa serve a mettere in risalto dei traumi, dei disagi o delle patologie e nella Storia del Cinema ci sono state numerose pellicole molto abili nel manipolare la componente temporale ai fini narrativi.

Al cinema arriva The Father – niente è come sembra di Florian Zeller basato sulla sua omonima opera teatrale (che ha adattato in sceneggiatura con Christopher Hampton), con un immenso Anthony Hopkins (che si è portato a casa l’Oscar come Miglior Attore). Come raccontare l’Alzheimer? Come far percepire il disagio e mostrare esattamente quello che soffre ogni giorno un malato di Alzheimer? La pellicola mette in mostra tutte queste problematiche derivanti da una patologia che colpisce la mente umana alterando la percezione temporale dell’individuo.

La storia è quella di Anthony, afflitto dal morbo di Alzheimer, che vive a Londra e viene accudito dalla figlia. L’anziano vive sintomi di confusione, smarrimento, deformazione della realtà e sbalzi di umore. Sua figlia, Anne, è sempre più scoraggiata per la perdita di lucidità del padre. In costante preoccupazione nei confronti del genitore, che ha messo in crisi il suo primo matrimonio, è in cerca di una soluzione per aiutarlo in modo efficace. Cambia badanti su badanti ed è percossa da sensi di colpa perché vuole cambiare città ed è “costretta ad abbandonarlo”. Indirettamente, è vittima della malattia che mette in ginocchio l’identità di suo padre.

La storia è toccante, intensa e ben sviluppata. La cosa che emerge sin da subito subito è l’onesta e la genuinità con cui viene trattata la malattia e di come vengono sviluppati i sintomi e la percezione del morbo che non condiziona solamente la vita del portatore ma anche di tutti coloro che indirettamente subiscono i suoi condizionamenti. L’Alzheimer è un morbo durissimo da affrontare perché mina la mente e mette in ginocchio tutte le certezze di una vita. Uno dei pregi del film è quello di non soffermarsi tanto sulla malattia, ma di esplorare la psiche dell’individuo, di non mette in risalto il morbo ma la persona, ma di concentrarsi sulla sua esistenza, i suoi ricordi, la sua vita. Il protagonista viene rappresentato come essere umano e non come un paziente, un malato; come una persona ancora in vita che non si rende conto che non è più in grado di percepire la realtà nel modo corretto. Seguiamo i suoi frammenti e cerchiamo di collegare tutti pezzi della sua storia, ma, sul lungo andare, ci si perde in un vortice di memorie e di alterazioni che cozzano tra di loro, facendo cadere in confusione anche lo spettatore che vive in prima persona lo stesso disagio del protagonista. Sconnesso, alterato, fuori sincrono, lo spettatore può solo assistere impotente all’impotenza di Anthony che combatte per riuscire a trovare uno spiraglio di lucidità. Non si è in grado di riconoscere la propria identità, di mettere tutti i tasselli esistenziali poiché cadono tutte le certezze e ci si perdere in un labirinto auto costruito. Anthony pensa di stare bene e si sente autonomo, ma non ha la cognizione necessaria per comprendere il suo stato mentale. Vede quello che vuole vedere.

Il film mostra anche i sacrifici di una figlia che, morsa da sensi di colpa, si barcamena il padre e si costringe ad un’esistenza da badante, di privazioni. Vive una profonda sofferenza ed è in conflitto emotivo con sé stessa perché non sa se abbandonare il padre o meno. La condizione del padre per lei ne ha sancito la morte e secondo la sua visione l’uomo che le sta di fronte è ormai solo un eco di ciò che era suo padre. Si prende cura di lui per forza di volontà, per umanità, per dovere in quanto sua unica parente. Ha subito numerosi traumi nella vita (un matrimonio fallito, la morte di una sorella) ed è ormai bloccata dal morbo del padre.

Il film altera e manipola la realtà e il tempo e agisce come se fosse un caleidoscopio di memorie fuori sincrono per trasportare lo spettatore all’interno della mente di un malato del morbo di Alzheimer con lo scopo di ricostruirne la sua identità ed mettere in mostra una parte della sua storia personale. Utilizza espedienti narrativi per creare stati d’animo e per mostrare un dramma intenso, famigliare, pieno di onestà e di realtà quotidiane. Prende emotivamente poiché presenta una storia reale, palpabile, vivibile che ogni persona potrà affrontare nel corso della propria vita. La messinscena è teatrale in quanto la storia è ambientata in un unico ambiente (la casa di Anthony), ma in realtà viene scelto questo espediente per concentrarsi solamente sullo stato emotivo e mentale del protagonista. Quindi si sceglie di rimanere ancorati su un determinato spazio per variare solamente la componente temporale. Anche perché la realtà temporale del protagonista si perde mentre lo spazio, l’appartamento, è l’unico elemento solido che aiuta a comprendere la sua identità e fornire un sostegno alla sua memoria. Ci si muove nelle varie stanze e ognuna di esse porta a galla una determinata realtà.

The Father – nulla è come sembra è un intenso lungometraggio ben diretto e scritto. Hopkins è un gigante e nel suo complesso la pellicola riesce nel suo intento di mettere in mostra la labile psiche e lo stato di disagio di un portatore del morbo di Alzheimer. Viene scelta una messinscena particolare di manipolazione temporale per immergere lo spettatore all’interno del dramma e vivere in prima persona tutte quelle dinamiche dovute alla malattia. The Father non è tanto un film sull’Alzheimer e, per costruzione narrativa, si contraddistingue da altre pellicole che hanno messo in primo piano il morbo piuttosto che l’individuo. Perciò, il lungometraggio non si cimenta tanto sullo svilimento dovuto alla malattia, anzi il protagonista, seppur anziano e malato, è arzillo, vivace, vivo e con sbalzi di umore. Sceglie di seguire la vittima del morbo che non è solamente il portatore ma sono tutti coloro che si vivono con esso e che agiscono per aiutarlo. La pellicola è un costante flusso di memorie che da un lato cercano di fornire quei dati sull’identità della persona e dall’altro di fornire ricordi di una vita. Seguiamo memorie alterate per costruire un puzzle sul passato di Anthony. Realtà manipolate che per il protagonista sono vere che vengono rimescolate per creare un perenne stato confusionale. A rendere il lungometraggio intenso e atipico è il fatto che i numerosi frammenti non servono tanto ai fini narrativi come flashback ma sono parti della vita stessa di Anthony. Seppur alterati il film è in realtà la rappresentazione di una parte della memoria della sua memoria che tenta in tutti i modi di auto costruirsi e di incastrarsi più o meno nel modo giusto. Davvero sbalorditivo, intenso, emozionante, atipico, commovente, scritto, realizzato e recitato in maniera superba. Un film da vedere a tutti i costi per capire quanto la nostra mente sia in realtà fragile e facilmente manipolabile.

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