L’enorme successo di Maleficent di Robert Stromberg, rivisitazione villain-centrica della fiaba di Perrault ha portato dopo cinque anni alla realizzazione del sequel diretto, Maleficent – Signora del male, diretto stavolta da Joachim Rønning. Le star Angelina Jolie e Elle Fanning tornano nei rispettivi ruoli di Malefica e Aurora, ma stavolta ad affiancarle troviamo Michelle Pfeiffer nel ruolo della principale antagonista Ingrith. A cinque anni dagli eventi del primo film, le gesta virtuose compiute dalla “signora del male” sono state offuscate, lasciando intatta la sua reputazione negativa. In questa cornice si susseguono le vicende di Aurora, in procinto di sposare il principe Phillip (Harris Dickinson) e quelle della stessa Malefica, che scoprirà importanti verità su se stessa e sul proprio ruolo.

Questo secondo Maleficent è figlio dei nostri anni in tutto e per tutto. I personaggi principali, di grande potere e influenza, sono tutti e tre figure femminili, circostanza difficilmente verificabile anche solo dieci anni fa nel cinema hollywoodiano ad alto costo. Signora del male presenta inoltre tematiche più che mai attuali quali identità, ambientalismo e discriminazione. Infine, come il capitolo precedente, rivisita storie già consolidate per creare nuove possibilità di intreccio.

Nonostante ciò, il film non brilla mai davvero, né come opera a se stante né tantomeno nel confronto con l’originale. L’azione si svolge con scarso entusiasmo, persino per gli standard dei remake fiabeschi Made in Disney. Già l’aver reso inutili le buone azioni passate di Malefica sottolinea mancanza di volontà di cambiamento, in totale contrapposizione con gli insegnamenti che queste storie vorrebbero esprimere. Inoltre gli intenti di rivisitazione, colonna portante del primo Maleficent, passano in secondo piano per lasciare spazio alle nuove direzioni intraprese dalla trama, che rimandano a situazioni ormai inflazionate e finiscono per “ostacolare” l’operazione e banalizzare l’insieme.

Il film di Rønning perde contro il predecessore anche nel modo in cui vengono trattate le tematiche. Per quanto anche il primo capitolo non fosse un’opera dal valore eccelso, affrontava un argomento sensibilissimo come la violenza sessuale tramite una metafora dalla sottigliezza rara nel panorama blockbuster. In Signora del male è tutto molto più esplicito e meno interpretabile, quindi questo strato di complessità va inevitabilmente a perdersi, lasciandoci l’ennesimo fantasy high budget con trama schematica e morali preconfezionate. Dimenticabilissimo.

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