Dall’Ufficio Stampa del Festival, ecco l’intervista al Maestro:

“In punta di piedi, ma con le idee ben chiare”. Così il regista Enrico Vanzina descrive il suo approccio alla regia di Tosca al 62° Festival Puccini. Per lui il 2016 segna infatti il debutto nel mondo della lirica. Ma facciamo un passo indietro, fino ad arrivare a come tutto ha avuto inizio.

“È stato il destino a portarmi qui”, racconta Vanzina. “Quest’anno sono stato insignito del Premio Coriandolo d’Oro, che aldilà del nome buffo è un riconoscimento molto importante e prestigioso, ricevuto anche da Papa Benedetto XVI. Quel giorno, a Viareggio, pioveva così tanto che dovettero annullare il Carnevale, ma al momento della consegna del Premio mi avvicinò il Maestro Alberto Veronesi, Presidente della Fondazione Festival Pucciniano, che mi chiese se volevo dirigere la regia dell’opera. In un primo momento rimasi sconcertato. Dopo aver realizzato 100 film, non pensavo di poter iniziare una così grande avventura nel mondo della lirica. Ma io assecondo sempre il destino, che forse, quel giorno, mi aveva portato in Versilia non tanto per il Coriandolo d’oro, ma per Puccini. Proprio perché sono arrivato in alto nella carriera cinematografica, posso iniziare questa esperienza in punta di piedi per divertire e dare tanto al pubblico, ma soprattutto per imparare qualcosa”.

Ma c’è anche un altro fatto legato al destino ed è lo stesso Vanzina a ricordarlo: “Sapore di Mare, il mio primo successo, è legato alla Versilia. A pochi chilometri di distanza posso iniziare un’avventura nel mondo dell’Opera”.

Ci sono anche altri destini, legati, ad esempio, alle conversazioni con amici come Giuseppe Patroni Griffi. “Diresse la regia di Tosca per la Rai. Mi ricordo le conversazioni che avevamo in vacanza. Mi raccontava tutti i suoi tormenti…”.  E poi, una curiosità svelata dal regista: “Sono un dilettantissimo pianista, quindi la musica fa parte della mia vita”.

Ma quali analogie e differenze il regista si aspetta di trovare rispetto al mondo del Cinema?
“Ho avuto modo di constatare – racconta Vanzina – grazie agli amici compositori Armando Trovajoli e Gianni Ferrio, che Puccini è stato il primo autore di musica cinematografica. Dalle sue opere emergono una passione per il racconto e una chiarezza di intenti che quasi spaventano. E Tosca è l’opera più teatrale in assoluto. Contiene tutto ciò che lega lo spettacolo, tra palcoscenico e pubblico. La trama è incalzante e passa dall’ironia, al dramma, all’amore. Un andamento che è un tripudio di quello che è un’opera teatrale. Ciò che mi dà un po’ di leggerezza in questa avventura è l’essere affiancato da un ragazzo che conosco da quando è nato, Lorenzo D’Amico, nipote di Fedele D’Amico, uno dei più grandi esperti di Puccini”.

Quindi come sarà la sua Tosca?
“Molto meticolosa. Puccini e i suoi librettisti avevano già previsto tutto nel testo del libretto, quindi non bisogna discostarsi da esso. Quest’opera è straordinariamente moderna. L’amore tra Tosca e Mario è moderno ed è privo di romanticismo smielato. Sono liberi e travolti dai sensi, si amano carnalmente. Anche Scarpia vorrebbe essere travolto dai sensi e Puccini ci ha raccontato il male, il sadismo, attraverso questo personaggio, che ci attrae e ci disgusta allo stesso tempo. Viene respinto da Tosca e per questo trova soluzioni malvagie. Questa è un’opera sulle passioni umane che si conclude con Puccini che ci dice che gli uomini soffrono, si illudono e vivono la realtà in un’altra dimensione”.

Cosa si aspetta da questa esperienza?
“Di lasciare qualche segno e di fare in modo che lo spettatore sia preso fino alla fine. La mia Tosca avrà un taglio cinematografico, con una sorpresa che ora non vorrei svelare. E poi sono convinto che ogni volta che qualcosa va in scena siamo di fronte ad un’opera collettiva. Da questa esperienza mi aspetto questo: di trovare quell’assieme”.

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