Kidding è una serie tv dramedy di Showtime, trasmessa in onda in Italia grazie a Sky Atlantic. Lo show ha come protagonista Jim Carrey che ritorna a collaborare con il regista francese Michael Goundry dopo l’exploit di Se mi lasci ti cancello. Si tratta di una storia drammatica che parla dell’elaborazione del lutto attraverso espedienti comici e paradossali. Una vicenda intesa, famigliare, intima che è un percorso verso la riabilitazione e la ricerca della stabilità dopo la dipartita, inaspettata, di un proprio caro.

Jim Carrey è Jeff Pickles, storico protagonista di un programma per bambini di successo. Attraverso i suoi pupazzi di pezza (costruiti da sua sorella), ogni settimana, da vita ad uno show televisivo molto seguito dalle famiglie. E’ un punto di riferimento per la comunità ed è una celebrità che, per immagine ed etica, deve mantenere un contegno decoroso. Tuttavia, nonostante l’anima divisa tra celebrità per bambini e padre di famiglia, Jeff è in realtà una persona buona e che aiuta il prossimo. Infatti, le due personalità sono sempre coesistite senza problemi per molti anni. A cambiare improvvisamente tutto è la morte del figlio Phil e l’immediato divorzio dalla moglie. Incapace di lasciarsi da parte queste dinamiche drammatiche, Jeff inizia un percorso semi-autodistruttivo alla ricerca di una stabilità emotiva.

Jim Carrey si conferma, anche sul piccolo schermo, di essere bravissimo nel passare da situazioni comiche in drammatiche in pochissimo tempo. Riesce a interpretare entrambe le maschere con efficacia e credibilità. Un breve sorriso che sotto cela un alone di malinconia. Il ruolo gli è cucito addosso e la storia parla proprio di maschere, di un uomo diviso tra celebrità e normalità che si avvicinano e si allontano. Un conto è il comportamento “fuori dalla telecamera” e un altro nella quotidianità. Una dualità di cui tutti noi siamo consci ma che lo show rende molto bene nel mostrare una sorta di “dietro le quinte”, mostrandoci la vita di Jeff e dei suoi parenti. Le dinamiche famigliari e il suo rapporto con gli esterni.

La storia è minimalista, volutamente concentrata sul microcosmo di una famiglia per penetrare maggiormente nell’emotività e nella percezione dei protagonisti. Fulcro assoluto della storia è Jeff, un uomo distrutto e che sta vivendo una parabola negativa (morte del figlio e divorzio). Lui, buono e gentile, si trova in un momento altamente drammatico che non riesce a superare. Rimasto solo a causa del divorzio, non ha nessuno con cui confrontarsi ed elaborare il lutto. La sua ex moglie trova conforto in una nuova relazione sentimentale che l’aiuta a sostenere il fardello della morte del figlio e periciò intraprende con molta facilità un percorso di redenzione. Jeff inizia a perdere la bussola e si autoconvince che nonostante i suoi sforzi per il bene del mondo, in realtà, nel nostro pianeta prevalgono sentimenti personali come l’egoismo e l’auto-compiacimento.  Un cambiamento repentino che, a causa della sua natura di maschera comica in uno show per bambini, rendono la sua personalità instabile e che vive di sbalzi improvvisi.

La psicologia di Jeff è perciò schiacciata sia dal punto di vista personale che lavorativo. Anche la sua maschera è in una spirale buia. Vista la sua incapacità di superare il lutto, suo padre, il manager dello show cerca in tutti i modi di preservare il brand che ha costruito insieme a lui e quindi si adopera per svincolarlo dalla figura di Jeff, sfruttando il marchio in altri contesti (giocattoli, cartoni animati e spettacoli di pattinaggio sul ghiaccio). Una scelta comprensibile che però crea ancora più malincuore a Jeff che si sente tagliato fuori e tradito. Vive uno stato di completo abbandono. Incompreso e sofferente.

Visivamente si sente molto la mano di Gondry, soprattutto nelle parti dello show di Jeff con i suoi animali di pezza. Un mondo di finzione colorato, bizzarro, onirico e pieno di canzoncine dolci e orecchiabili.  Anche nella dualità di genere, commedia-dramma, sembra proprio di vedere un classico film alla Gondry. Una storia surreale che però tratta, ed è ancorata, ad una vicenda con dinamiche reali, dove l’ironia e i pensieri positivi combattono la depressione e la malinconia. Incanalare le situazioni disperate, tragiche, senza mai dimenticarle, e di andare avanti e di voltare pagina. L’accettazione della morte attraverso l’elaborazione del lutto, seguendo varie fasi di rielaborazione.

Vista l’ottima dualità di genere e la durata breve (30 minuti a episodio), Kidding non soffre di pesantezza e di alto impatto drammatico. Lo show tratta di argomenti tragici ma attraverso espedienti leggieri e perciò, la serie si guarda molto bene ed è di facile comprensione. Uno show molto bello e che affronta una tragedia situazioni comiche, paradossali e bizzarre. Una prospettiva interessante e che gioca sulla dualità della maschera del palcoscenico. Un approccio non del tutto nuovo ma che in questo show viene utilizzato in modo congruo. Una serie improntata sui buoni sentimenti e all’importanza della famiglia per vivere una vita piena e stabile.

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