Damian Chazelle torna dopo il successo di La La Land con una storia ambiziosa, marcatamente americana, dedicata al primo uomo a mettere piede sulla Luna: Neil Amstrong.

Una storia biografica costruita attraverso la storia di un uomo ambizioso che ha messo da parte la sua vita privata per raggiungere una vetta importante, sacrificando tutto sé stesso per riuscire nell’impresa della vita. Lavoro, dedizione e sacrificio. Doti che emergono nel lungometraggio e che forniscono un’ottima backstory al leggendario evento storico del 1969. Perciò, Il Primo Uomo è una biografica ben accurata anche se, da un punto di vista registico, è inferiore rispetto alle due precedenti opere registiche.

Viste le alte aspettative, in un certo senso, il film delude ma non è un brutto film, anzi, è molto ambizioso e ha una sceneggiatura solida che è tutta concentrata sulla figura di Amstrong. Il suo lavoro, la sua intelligenza e la sua volontà ferrea. L’unico problema è che manca di “energia”, di empatia e di calore. L’astronauta viene reso come una persona fredda, distaccata e concentrata su se stessa. Monodimensionale e in alcuni frangenti piatta. Ci sono spezzoni “romantici” sul pionierismo spaziali con riferimenti a Jules Verne ma cozzano con la visione presentata. Non c’è un percorso ben definito. Si sa già che sarà il primo uomo sulla Luna ma la sua figura non viene resa bene, a livello cinematico. Un po’ storia di un sognatore, un po’ storia vera, un po’ dramma famigliare. Tanti elementi che non trovano un giusto equilibrio. Difatti, il difetto più grande del film è il suo squilibrio. Il protagonista non ha un vero scopo; vuole migliorare ed è ambizioso ma non ha un percorso ben definito. I suoi colleghi voglio battere i russi alla corsa allo spazio, la moglie vuole che Neil abbiamo un rapporto con i propri figli e che non pensi sempre e solo al lavoro ma lui, cosa vuole? Nel film non emerge la sua voglia smaniosa di essere il primo uomo; si evince solo la sua intelligenza e il suo essere concentrato sul risultato. Freddo, calcolatore ed in grado di mettere tutto se steso per portare a termine la missione.

Inoltre, l’intera psicologia del protagonista viene costruita attraverso un lutto famigliare importante che diventa un vero e proprio trauma per Neil. Una ferita che lungo tutta la sua vita non sarà mai riacutizzata.  Il neo è che tale shock viene evidenziato nei momenti più incisivi della pellicola e perciò si desume la volontà di fondere “dramma famigliare” con “la spettacolarizzazione dell’evento storico”.  Tuttavia, nonostante le intenzioni sia comprensibili e interessanti, nella resa, tutto ciò, viene reso in modo balbettante, asettico e primo di empatia.

Manca una struttura drammatica idonea a veicolare una tale storia pregna di tanti elementi. La ricostruzione storia è molto fedele e la scansione storica della vita privata dell’astronauta è resa bene ed è semplice da seguire ma manca l’empatia. Il momento migliore avviene alla fine, durante lo sbarco sulla Luna in quanto viene resa bene l’idea che sia “una missione impossibile”. Inoltre, nell’ultima mezz’ora, il dramma viene costruito in modo adeguato con solo audio diegetico (via musiche o effetti audio) che crea una sospensione narrativa emozionante e sbalorditiva.  

Ryan Gosling non riesce a farsi carico di un personaggio così sfaccettato e fallisce nell’interpretazione. Troppo monocorde e minimale. Doveva essere il ruolo della consacrazione, invece, non colpisce e non emerge. Molto meglio la controparte femminile, Claire Foy che per tutto il film mantiene un forte “stato d’ansia” ed è sempre preoccupata, malinconica e triste. Si prende cura dei figli e subisce il poco dialogo di Neil con loro. Nonostante sia “secondaria”, ha una caratterizzazione semplice ed efficace; in linea con ciò che la pellicola mostra.

In conclusione, Il Primo Uomo non è una brutta pellicola. Il film è godibile e si guarda senza problemi. Tuttavia, fallisce dal punto di vista della costruzione cinematografica. Poco bilanciato e impersonale; lontano anni luce dal mago dell’emozione di La La Land e dall’energia brutale e viscerale di Whiplash. Un film che si può guardare ma che si può “perdere” senza problemi. 

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