Tratto dall’omonimo racconto di Michele Rech, in arte Zerocalcare, l’opera su La Profezia dell’Armadillo è stata portata sul grande schermo durante la 75a edizione del Festival del Cinema di Venezia, dal regista esordiente Emanuele Scaringi. Il film, molto fedele nei dialoghi e nella scenografia, si è dimostrato un adattamento degno del fumetto ma, ha peccato in alcune scelte stilistiche che hanno portato a un giudizio complessivamente buono ma, non eccellente.

Zero Calcare (Simone Liberati) è un fumettista esordiente che vive a Rebibbia con un coinquilino immaginario: il suo fedele Armadillo (Valerio Aprea), voce della sua coscienza e compagno onnipresente della sua vita. La scoperta della morte della sua cara amica Camille (Sofia Staderini), porta Zero a ricordare i bei tempi andati. Mentre continua la sua vita, tra un lavoro frustrante in aeroporto e una serie di ripetizioni poco efficaci a un ragazzo borghese di nome Blanka (Samuele Biscossi), Zero cerca un modo per omaggiare Camille, insieme al suo fidato amico d’infanzia Secco (Pietro Castellitto).

Impregnato di una forte ironia e di una vena riflessiva, il fumetto de La Profezia dell’Armadillo è ormai un bestseller italiano conosciuto da gran parte degli appassionati del genere. Le ideologie del fumettista e i dialoghi, che hanno caratterizzato la storia originale, sono stati fedelmente trasposti nel film. Coniugando la storia con richiami tratti da altre opere esterne dello stesso Zerocalcare, il regista è riuscito a raccontare la vicenda in modo limpido, aggiungendo dei frammenti personali che non hanno intaccato la sua riuscita complessiva.

Nonostante queste scelte, l’ironia dissacrante che permea tutto il fumetto è stata percepita solo in parte nel film. Pietro Castellitto e Valerio Aprea sono stati magistrali nella loro interpretazione e hanno reso molto bene sia Secco sia l’Armadillo. Soprattutto in quest’ultimo caso, le scene non sono state molto facili da girare, come spiega lo stesso Aprea:

«Quando ho detto di sì non avevo idea di quale costume avrebbero fatto [Ndr. All’inizio si era pensato di ricostruire l’armadillo in computer grafica ma, poi, è stato preso in considerazione un costume artigianale che richiamasse gli anni ‘80/’90, periodi vicini al tema del fumetto] e quando poi me lo sono ritrovato addosso ho pensato “perché ho detto di sì”. Ho dovuto fare i conti con il costume: avevo i denti finti, la zeppola e la voce nasale, perché la maschera mi chiudeva il naso. Ma sono andato avanti e ho affinato il tiro scena per scena e, alla fine, non c’è stata solo una crescita dell’Armadillo come io l’avevo intesa, ma anche una mia crescita personale».

L’ironia del fumetto è stata incanalata perfettamente proprio da Aprea che, con il solo ausilio dell’intonazione, è riuscito a convogliare la simpatia dell’Armadillo nel film. Lo stesso non si può dire per altre scelte attoriali. Fisicamente diversi dai personaggi originali, Simone Liberati non è riuscito pienamente a rendere tutte le sfaccettature della figura di Zero e, Laura Morante, nonostante la sua bravura, è risultata molto lontana dall’immaginario collettivo di “Lady Cocca”. Ma, come spiega lo stesso regista:

«Molti hanno personificato la mamma di Zero come una popolana con il mattarello, io invece l’ho sempre immaginata come una donna borghese o della medio-alta borghesia e la Morante è risultata perfetta.  Questa è sicuramente la prima difficoltà di adattare un fumetto: ognuno immagina il proprio personaggio, un’operazione che è già forte nei romanzi e che, nei fumetti, lo è ancora di più».

Al di là di queste scelte stilistiche e attoriali, che potrebbero includere a grandi linee anche il cast adolescenziale, il film si è dimostrato una prima prova godibile. Lo stesso Emanuele Scaringi ha affermato che «di tutti i romanzi di Michele, “La Profezia dell’Armadillo” è forse quella con meno controllo: qui c’è un’urgenza narrativa più candida e malinconica» e, questa mancanza di pilota, è stata percepita nel film. Attualmente, sono stati pubblicati nove fumetti di Zerocalcare e, sul fronte delle future trasposizioni, Scaringi ha affermato:

«Non abbiamo fatto progetti a lungo termine. Questo non è un prodotto della Marvel: è un piccolo film di esordio, con una casa di produzione indipendente. C’è il rischio che questo adattamento venga percepito come un’operazione commerciale, e questo a me dispiace, perché noi [Ndr. Emanuele Scaringi e Domenico Procacci] abbiamo lavorato con il massimo dell’onestà intellettuale. Se ne avessi la possibilità, mi piacerebbe poter approfondire “Kobane Calling”, un reportage di guerra che ha pochissimi eguali in questo genere, e “Dimentica il mio nome”».

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