Un high concept è un’idea per un film, in particolare un blockbuster, che permetta di creare un mondo vivo e vario, facilmente vendibile e, nello specifico, col potenziale di dare vita a uno o più sequel. In Toy Story, per esempio, l’high concept sta nel rappresentare un mondo dove i giocattoli hanno dei sentimenti, dei rapporti personali e vivono per la gioia del loro proprietario. Di fronte a un mondo così vasto, lo spettatore potrà essere portato a farsi diverse domande sulla realtà che ha di fronte: cosa succede nei negozi di giocattoli? Negli asili? Con i giocattoli da collezione o con quelli che devono affrontare la crescita del proprio proprietario? Rispondere a queste domande può dare lo spunto per un sequel di successo. Toy Story 3, oltre ad essere uno dei più grandi incassi della storia del cinema, ha una media su Rotten Tomatoes del 99%. Stesso discorso si può fare per Alla ricerca di Dory (“cosa succede negli acquari?”). Monster University, invece, non risponde a questa logica: se si pensa al mostro dietro l’armadio, non ci si immagina sicuramente i suoi studi universitari. Non per niente la media voto del film è di 6,8. Bene ma non benissimo. Analoga situazione quella dei sequel di Cars.

Gli Incredibili 2 riparte proprio da dove l’avevamo lasciato. Un nuovo terribile nemico si annuncia: “guardatevi dal Minatore!”. Nuovamente, dopo una lunga battaglia, il conto dei danni arrecati alla città viene affidato alla famiglia Parr. Gli eroi hanno salvato il mondo ma sono ancora illegali. A questo punto, Helen/Elastigirl viene coinvolta come principale testimonial in una campagna per la legalizzazione dei super, mentre Bob/Mr. Incredibile si deve improvvisare casalingo.

Se il film riprende dalla fine del primo, quindi, in un certo senso riprende anche da dove la saga era cominciata. I supereroi lottano per la propria approvazione di “super”, dovendo però affrontare i problemi dell’uomo comune. Se prima ci si chiedeva: “I supereroi come affrontano le dinamiche familiari, come la crisi di mezza età o le prime cotte liceali?” nel sequel ci si chiede, di nuovo, esattamente la stessa domanda, dalle crisi di mezz’età, questa volta di Elastigirl che, come Bob nel primo film, è entusiasta di tornare alla stessa vita, alle cotte liceali (il ragazzo che piace a Violetta subisce un lavaggio del cervello per scordarsi di aver visto la vera identità della famiglia, ma si dimentica pure di Violetta).

Perché riproporre le stesse situazioni? Perché dal primo film sono passati quattordici anni e alla domanda “come si comportano i supereroi?” forse la risposta è cambiata. Oggi è importante vedere al cinema adulti muscolosi cambiare pannolini e donne madri partecipare a una scazzottata dopo una corsa in moto. Essendo passato molto tempo dal primo film, Gli Incredibili 2 non può che essere rivolto a chi se lo ricorda, qualcuno di più grande del target medio del film d’animazione. È forse questa la grande pecca del film: in diverse scene, Helen parla con un’altra persona, drink alla mano, di sponsor, di leggi, insomma, discorsi che un bambino avrebbe difficoltà a seguire. Per motivi del genere alcuni film fallirono miseramente al botteghino, si veda l’insuccesso di Bee Movie nel 2007. Dalla Dreamworks, inoltre, la Pixar sembra aver preso la fisionomia dei personaggi umani, peccando in originalità (confrontate la Roxanne di Megamind col personaggio di Evelyn, sono identiche).

Discorso a parte va fatto per il villain. Volendo demistificare il ruolo dei supereroi, il cattivo vuole spingere le coscienze delle persone a badare a sé stesse. Egli ha il potere di controllare qualsiasi schermo per ipnotizzare le persone: lo schermo diventa il simbolo della passività e del controllo. Un’interessante messaggio da mandare a una platea in un cinema. Quando poi a prevalere sono i super, ne deduciamo che noi stessi possiamo affidarci ai superpoteri e lasciarci trasportare dagli schermi. Che se ci pensate, è un buon messaggio da mandare se la tua casa di produzione produce tre film di supereroi all’anno. Insomma, tutte queste riflessioni stimolanti si spengono quando il cattivo rivela le sue motivazioni, esagerate e ingiustificate. A fare da contraltare, però, ci pensano le scene con Bob Parr, semplicemente esilaranti grazie al nuovo ruolo di spalla comica di Jack Jack, alle prese con i nuovi poteri, e le diverse scazzottate, divertenti e coreografate magistralmente, in un tripudio di montaggio e di luci (occhio a quest’ultime se avete a che fare con attacchi epilettici; una scena in particolare ha causato alcuni problemi dove il film è già uscito).

Squadra che vince non si cambia (non vi fidate dei prodotti promozionali: il procione che si vede ovunque nelle locandine ha un minutaggio di massimo dieci minuti, per poi scomparire). Gli Incredibili 2 è tutto sommato un bel film, piacevole, il cui riproporre gli stessi temi che avevano reso il primo capitolo un successo è un punto di forza ma paradossalmente anche un punto di debolezza. Affrontare il nuovo ruolo della madre e del padre nella famiglia contemporanea è una scelta etica moderna e coraggiosa. Il risultato però sa inevitabilmente di ordinario: i temi tanto validi oggi sono comunque gli stessi di quattordici anni, con Elastigirl e Mr. Incredibile a ruoli invertiti. Nel frattempo, i supereroi hanno invaso i nostri schermi, per mano anche della stessa Disney: entrano nell’horror, nel western, nella commedia demenziale. Vederli a contatto con la family drama ci fa sorridere, ma non sorprende più come nel 2004.

Federico Cadalanu

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