La prima serie Netflix d’animazione italiana, ideata, scritta e realizzata dal fumettista romano Zerocalcare, è una piccola perla che racconta meglio di qualunque altro prodotto i Millennial. Nel bene e nel male.

Zerocalcare, nome d’arte di Michele Rech, è un fumettista italiano, salito alla ribalta per le sue storie brevi raccontate in un blog a fumetti (uno dei primi in Italia) e per le sue graphic novel di successo (fra le altre, Kobane Calling e La Profezia dell’Armadillo da cui era già stato tratto l’omonimo film live-action per la regia di Emanuele Scaringi).

Grazie alla collaborazione con Netflix, Bao Publishing e la casa di produzione Movimenti Productions, i fumetti di Zerocalcare prendono vita in Strappare lungo i bordi, nuova miniserie animata e prima serie d’animazione Originals italiana per la piattaforma streaming.

La miniserie, interamente scritta e diretta (e anche interpretata visto che lo stesso Zerocalcare è doppiatore del protagonista principale e di altri personaggi) dallo stesso fumettista romano, è una delle rivelazioni di questo inverno, non fosse altro per il grande successo (soprattutto social) che sta avendo.

Zero, Secco e Sarah, protagonisti di “Strappare lungo i bordi” – immagine presa dal trailer della serie su www.youtube.com.

La storia riprende, sotto alcuni aspetti, i temi e gli stilemi già visti proprio nel film La Profezia dell’Armadillo, compresi i personaggi canonici di Zero (alter-ego del protagonista) e dei suoi amici Stecco e Sarah ma con una consapevolezza e una profondità maggiori rispetto al film di Scaringi.

Questo dovuto soprattutto al formato dell’animazione che meglio si addice al linguaggio e al tono ironico-grottesco tipico di Zerocalcare. Ogni episodio, infatti, ha una struttura circolare che si sviluppa come un unico monologo interiore dello stesso protagonista (che non a caso presta la stessa voce a tutti i personaggi rappresentati, ad eccezione della sua coscienza-Armadillo, doppiato dall’attore Valerio Mastandrea).
Una struttura che va avanti a flashback seguendo i protagonisti dall’infanzia, all’adolescenza fino ai giorni nostri, seguendo un preciso filo orizzontale che riguarda la storyline principale.

Si tratta di una serie che si fa forza del suo lato sperimentale, passando dai toni grotteschi e ironici a quelli più seri (soprattutto gli ultimi due episodi) e che si prende i suoi tempi, pur essendo fatta di soli 6 episodi di 15-16 minuti ciascuno.

Le vicende die 3 protagonisti riguardano infatti un viaggio che i 3 fanno per un motivo preciso da Roma (la loro città a Biella). Ma questo è solo un pretesto, per l’autore, di comporre ogni volta un monologo in cui si riflette su alcuni aspetti della vita, con uno stile quasi da stand-up comedy.
Il tema principale del racconto, infatti, è la vita quotidiana dei ragazzi della cosiddetta Generazione Y (i Millenials) legati dal fil comune del precariato continuo (non solo lavorativo).

Si può dire quindi che Strappare lungo i bordi è un riuscito ritratto generazionale, forse il migliore fra i prodotti che hanno cercato (e cercano tuttora) di descrivere tale generazione. Questo perché è una serie che ama sperimentare e non si pone limiti all’immaginazione, né tantomeno remore sul linguaggio usato, una parlata romanesca e popolare che risulta però ben comprensibile anche agli spettatori “fuori dal Raccordo Anulare”.

Il protagonista, Zero, e la sua coscienza-Armadillo (doppiata da Valerio Mastandrea) – immagine presa dal trailer su www.youtube.com.

La serie, infatti, non lesina l’uso di un linguaggio che, alle volte, può apparire scurrile, ma senza essere troppo volgare né irritante. Sicuramente non è una serie per bambini, anzi il target in questione è decisamente più il pubblico adulto, sia per i temi trattati che per lo stile e il linguaggio. Si tratta di una serie che si rifà decisamente ad esempi d’oltreoceano di serie animate per adulti, in particolare  Bojack Horseman (trattando più o meno gli stessi argomenti) e Rick & Morty. Ma a questo aggiunge un’ambientazione e uno stile prettamente italiani, come i discorsi meta-televisivi (numerose sono le frecciatine alla stessa piattaforma Netflix inseriti a mo’ di easter eggs) e riferimenti alla storia e alla società italiana degli ultimi venti anni (con numerosi riferimenti soprattutto al G8 di Genova).

La serie riesce nel suo intento proprio per via dell’empatia verso i suoi protagonisti principali, giovani che vivono cercando di trovare una direzione precisa nel cammino tortuoso della propria vita (da qui la metafora dello “strappare lungo i bordi”) anche se questo è più un disegno confuso che altro. E con un risvolto finale tutt’altro che banale e scontato.

Il piccolo Zero in una scena di “Strappati lungo i bordi” – immagine presa dal trailer della serie su www.youtube.com.

Strappati lungo i bordi è un’opera originale e, nel suo genere, innovativa che riesce a commuovere e a far riflettere lo spettatore senza alcuna retorica o morale precisa di fondo, ma semplicemente con la potenza evocativa dei propri personaggi e con la grande umiltà ed onestà di fondo a cui si rivolge al proprio pubblico.

L’opera si avvale inoltre di una colonna sonora di tutto rispetto, che fra i classici degli anni 90 e 2000 del mondo indie-pop e musiche originali. In particolare va citata la canzone Strappati lungo i bordi, del cantautore romano Giancane, sigla d’apertura e perfetta soundtrack delle vicende narrate.

Seguendo le “avventure urbane” di Zero e soci, lo spettatore si ritrova completamente immerso nella realtà quotidiana, ma allo stesso tempo è catapultato in una dimensione epica in cui il racconto dei protagonisti diventa anche il suo. Un prodotto autoriale ma, allo stesso tempo, molto “pop” che mostra tutta la sua vitalità e freschezza, necessaria in questi tempi come non mai!

Un’immagine di “Strappare lungo i bordi” di Zerocalcare – tratto da www.youtube.com.

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