Prosegue in grande stile la stagione 2019/2020 del Teatro Quirino che quest’anno, per alcune opere, prevede un’interessante connubio con il cinema presentando piéce leggendarie che, dopo il grande successo sul palcoscenico, si sono trasformate in perle del grande schermo. Esemplificativo in tal senso è l’Amadeus di Peter Shaffer, che dal 1978 è stato rappresentato nei maggiori teatri del mondo e che nel 1984 si è trasformato nel pluripremiato capolavoro di Miloš Forman.

Per gli spettatori di Roma, la presunta – e mai esistita – rivalità tra il maestro Antonio Salieri e il genio Wolfgang Amadeus Mozart, romanzata da Shaffer e girata da Forman, va in scena con la regia Andrei Konchalovsky e con protagonisti Geppy Gleijeses e Lorenzo Gleijeses, rispettivamente nei panni dei due musicisti.

Siamo nel 1823 e Salieri, ormai invecchiato e in sedia a rotelle, è in preda ai deliri e si colpevolizza per aver provocato la morte di Mozart, il giovane e geniale compositore che qualche anno prima, nel 1781, ebbe la colpa di oscurare il suo talento agli occhi dell’Imperatore Giuseppe II. In un lungo flashback, Salieri, allo stesso tempo narratore e protagonista della vicenda, racconta tutti gli eventi che lo portarono a scontrarsi con il giovane prodigio salisburghese e a distruggerlo professionalmente e personalmente, sfruttando la sua influenza e il suo prestigio.

Dallo spettacolo emerge il ritratto di un Salieri variegato e complesso, che ha dedicato la vita a celebrare il suo sovrano con il suo talento musicale, affidandosi completamente a Dio e facendogli voto, in cambio del suo ruolo di compositore di corte, di condurre una vita totalmente casta e onorevole (“Mi nutro di inchiostro e dolcetti”). Al rigore di Salieri si oppone la vivacità di Mozart, spontaneo, scurrile, sguaiato, irriverente, lascivo e infantile, un ragazzino il cui inestimabile dono del talento, secondo la visione del compositore veronese, sarebbe evidente ma totalmente immeritato. Viene messa in atto, quindi, una duplice e meschina vendetta, al di là di ogni moralità: nei confronti di Dio, che si è preso gioco di lui, e del giovane, fuoriclasse senza virtù. La sfida di Mozart, a colpi di lazzi e modernità, alla società dell’epoca verrà pagata cara e il ragazzo morirà di stenti, folle, povero e solo.

La vicenda prende vita sul palcoscenico grazie alla scenografia essenziale e “mobile” di Roberto Crea, i cui pochi pezzi d’arredamento (sedie, poltrone e, ovviamente, un bel pianoforte) si spostano grazie agli attori, e ai bellissimi costumi di Luigi Perego, che non solo restituiscono la raffinatezza dell’epoca ma che ben sottolineano il cambiamento dello stato d’animo di Salieri, dapprima in giacca celeste e infine coperto di lustrini.

La battaglia tra i due compositori viene condotta egregiamente dai talentuosi Gleijeses padre e figlio: un’idea di straordinaria intelligenza utile per accentuare le diversità caratteriali dei personaggi, sottolineare ancor di più il tema del conflitto con la figura paterna e mettere in scena un vero e proprio scontro generazionale, ma allo stesso tempo per giocare e ironizzare con il concetto di alter ego e specularità. Un plauso va anche al resto dei membri del cast, alcuni impegnati in più ruoli, e alla bravissima Roberta Lucca, intensa e irriverente nei panni di Constanze Weber.

La tragedia di Salieri, “santo patrono dei mediocri”, attende gli spettatori al Teatro Quirino fino al 1 dicembre.

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata