Il Trono di Spade (Game of Thrones), a tutti gli effetti tra i più grandi fenomeni televisivi di tutti i tempi, sta per chiudersi con l’ottava ed ultima stagione. Dopo un 2018 senza la messa in onda di alcun episodio, il 2019 prevede sei lunghi e costosissimi episodi che porteranno a conclusione la storyline principale dell’universo creato da George R. R. Martin. Alla fine della settima stagione, la trama vedeva due grandi battaglie da affrontare: quella per il trono dei Sette Regni e quella contro l’esercito degli Estranei, morti viventi capitanati dal potentissimo guerriero-stregone noto come il Re della Notte. I primi tre episodi della stagione finale si concentrano proprio su quest’ultima battaglia, combattuta da personaggi ormai celebri come Jon Snow (Kit Harington), Daenerys Targaryen (Emilia Clarke), Tyrion Lannister (Peter Dinklage) e Arya Stark (Maisie Williams).

Prendere e analizzare in blocco questi primi tre episodi può risultare interessante per un motivo specifico: la loro coerenza interna. Si può infatti dire che essi rappresentino un vero e proprio film dalla durata complessiva di oltre tre ore. Essendo tutti ambientati principalmente nel Nord dei Sette Regni e ruotando intorno allo stesso grande evento, portato avanti dagli stessi personaggi, i tre episodi finiscono col rappresentare i tre atti tradizionali della narrazione.

Abbiamo l’inizio, Grande Inverno (Winterfell). Dopo gli sconvolgimenti della stagione precedente, i personaggi più importanti della serie si ritrovano quasi tutti nella fortezza della casata Stark situata a Grande Inverno, nel gelido Nord. È un episodio di posizionamento, e come ogni inizio convenzionale presenta la situazione in corso e i vari personaggi che la porteranno avanti. Può risultare addirittura noioso a certi spettatori, ma ha senza dubbio un valore enorme. Oltre al suo ruolo di introduzione infatti, mette in scena gli importantissimi rapporti tra i protagonisti, molti dei quali non si incontravano di persona da tempi lunghissimi. Il carico emozionale è quindi estremamente rilevante e arricchisce un episodio la cui percezione negativa dipende in misura quasi totale dal contesto nel quale è stato posto. Se fosse stato collocato in una stagione meno incidente sulla trama orizzontale, sarebbe stato probabilmente molto più difficile vedere reazioni scontente da parte dei fruitori.

In seguito lo svolgimento, rappresentato da Un cavaliere dei Sette Regni (A Knight of the Seven Kingdoms). Messi in gioco tutti i personaggi rilevanti, ora diventa centrale far proseguire la trama in vista del climax finale. Un proseguimento, quello dell’episodio in questione, che si svolge nel segno della disperazione. La minaccia che incombe sembra inarrestabile, e i protagonisti la affrontano preparandosi a livello sia fisico che psichico. Ma soprattutto, attendono: la loro è un’attesa densa di ansia, di consapevolezza che la loro battaglia sarà quasi certamente persa. Tutto è palpabile in quasi ogni secondo, da quasi qualunque discorso. L’unico modo per affrontare un’attesa tanto lancinante diventa il dialogo, in particolare quello intriso di ironia. Il Trono di Spade è sempre stata caratterizzata dalla centralità del dialogo e dell’ironia che spesso lo contraddistingue. Questi aspetti si ripetono immancabili anche in Un cavaliere dei Sette Regni, che comunque non si fa mancare anche momenti di maggior serietà, dando vita ad un episodio equilibrato e qualitativamente elevato.

Infine, la battaglia mostrata in La Lunga Notte (The Long Night) chiude questa prima metà di stagione. Destinato ad occupare un posto di rilievo nella storia della serialità televisiva, La Lunga Notte è già stato paragonato a un caposaldo del fantasy cinematografico come la saga del Signore degli Anelli, nonostante l’enorme squilibrio di budget tra le due opere. La battaglia di Grande Inverno senza dubbio colpisce: ricca di azione e combattimenti rocamboleschi, porta al massimo grado le performance narrative di molti personaggi, alcuni dei quali, purtroppo, in modo non lieto. Va specificato come non sia uno scontro gestito senza difetti e di come non sia semplicissimo da seguire; l’oscurità della fotografia e determinate scelte di regia rendono complicato tenere d’occhio diversi passaggi. In ogni caso, il senso di enormità e lo stupore per ciò che sta accadendo non vengono mai meno. La stessa risoluzione della battaglia, che in molti potrebbero definire (o hanno già definito) anticlimatica, è in realtà il compimento di un percorso iniziato fin dalla prima stagione e ora giunto al momento della canonizzazione. La Lunga Notte è quindi un degno finale per questo primo arco narrativo dell’ottava stagione e, pur non mostrando la battaglia più bella della serie dal punto di vista visivo, resterà un importante pezzo di storia nel mondo della televisione americana e mondiale.

In tutto ciò, questa “prima trilogia” già introduce quelle che saranno le vicende da raccontare nelle battute finali. La lotta per il trono ha il potenziale per essere ancora più memorabile di quella contro il Re della Notte. Come i personaggi hanno fatto per quasi tutta la durata di Un cavaliere dei Sette Regni, non possiamo fare altro che discutere e attendere.

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