Torna il mitico principe di Zamunda, Akeem! Quasi ben trent’anni dopo il film cult con John Landis, Il principe cerca moglie, arriva in streaming, in esclusiva per Prime Video, l’atteso sequel, il principe cerca figlio diretto da Craig Brewer. Una pellicola dal sapore nostalgico che riporta Eddie Murphy in uno dei suoi personaggi più amati.

Questa volta, il principe diventato Re, Akeem è costretto a tornare nuovamente nel Queens per ritrovare suo figlio “bastardo” concepito accidentalmente durante la sua prima avventura negli USA. Il regno di Zamunda è minacciato dal proprio vicino guerrafondaio governato dal generale Izzy che cerca di spodestare Akeem, la cui posizione è debole in quanto ha solo tre figlie legittime, e perciò Akeem e Semmi partono per trovare il prossimo erede al trono per consolidare la discendenza.

 

Il titolo originale, Coming 2 America, è un po’ fuorviante in quanto in realtà nella “Terra delle opportunità” ci si sta ben poco in quanto la storia è ambientata quasi interamente a Zamunda. Tale scelta è utile per mostrare costumi, usi e tradizioni di un regno retrogrado, autarchico e maschilista al quale non avevamo mai assistito prima. Il regno di Zamunda viene rappresentato in modo esaustivo e completo. Colorato e composto da personaggi eccentrici e con tradizioni particolari (come le prove principesche). Un ribaltamento di prospettiva che permette di raccontare una storia nuova, legata ma diversa dalla precedente. Quindi le situazioni sono completamente differenti; ci sono forti connessioni con il primo film che però servono per portare avanti la narrazione e non rischiano di proporre trovate comiche già viste. Da questo punto di vista, il lungometraggio è fresco, osa nel proporre qualcosa di nuovo e si arricchisce di elementi presi direttamente dalla contemporaneità (femminismo/me too). Il lato positivo de Il principe cerca figlio è che cerca di essere un sequel divertente e strutturato quasi in maniera autonoma. Se il primo capitolo era quasi una satira maschilista della società statunitense, questo sequel si apre alla rivoluzione femminista e a tematiche moderne e inclusive proponendo una storia che strizza l’occhio a questioni attuali per costruire una storia figlia dell’attuale clima sociale/politico. Infatti, il ribaltamento di fronte, dovuto al tempo trascorso e all’ingresso del nuovo principe nato e cresciuto in America, è il pretesto giusto per far riflettere Akeem sul cambiamento. Nel suo viaggio alla ricerca di suo figlio si rende conto che il mondo è andato avanti, è progredito. Gli USA non sono più quelli di trent’anni fa. Tra Uber e altre migliorie tecnologie, Akeem capisce che lui in quanto “precursore” all’apertura di Zamunda verso uno sguardo globale, cosmopolita, deve compire il passo decisivo per traghettare il suo paese verso una nuova era e distaccarsi da alcune desuete tradizioni monarchiche.  Inoltre, a differenza del capitolo precedente, assistiamo al peso della corona in quanto Akeem succede a suo padre e deve trovare il giusto equilibrio tra essere Re, marito e padre.

Il principe cerca figlio è un lungometraggio che gioca tutto sull’essere nostalgico. Creato ad hoc per piacere ai fan del primo capitolo, la storia osa, si tinge di musica “black” ed è colorata. Propone un nuovo passo della vita dei personaggi, ma la narrazione vira su trovate già sfruttate in numerosi lungometraggi e non presenta nulla di innovativo. Anche a livello di trama, il film andava bene nei primi anni duemila, ora sembra l’ennesima pellicola che cerca di inglobare tematiche pro femministe, per seguire la nuova moda “rosa” e attirare spettatori più inclusivi con la questione della parità di genere. Inoltre, la nota dolente per una pellicola comedy è che non si ride mai veramente. Non c’è nulla di divertente. Né situazioni ambigue o altro. Sembra tutto politicaly correct, il che si discosta molto rispetto al precedente capitolo che era rivoluzionario e con trovate di satira verso la società statunitense e al consumismo. Alla fine propone il classico cliché dello scontro tra due mondi che cercano nella via di mezzo, nel progresso “mediato” la via per la risolvere il proprio conflitto. Vive di spunti comici figli del precedente capitoli e sbaglia ad impostarne di nuovi, ingolfato dal numeroso cast corale. Si guarda volentieri però non ha nulla della verve e della forza dirompente del “film originale”. 

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