Greyhound – Il nemico invisibile è una delle tante pellicole che avrebbero dovuto arrivare in sala in questi mesi. A causa del Covid-19, molti lungometraggi sono arrivati direttamente on demand e molti servizi streaming hanno cercato di “accaparrarsi” alcuni titoli in esclusiva per le proprie piattaforme. Uno di questi casi è Greyhound che Sony ha venduto ad Apple per il suo servizio TV+.

La pellicola è di genere bellico ed ha la particolarità di essere stata scritta ed interpretata da Tom Hanks. Diretta da Aaron Schneider, il film è l’adattamento di The Good Shepard di Cecil Scott Forrest nel 1955. La storia si concentra su un neocapitano della nave militare Greyhound che durante la Seconda Guerra Mondiale ha il compito di proteggere le navi mercantili dagli U-boot tedeschi. In sostanza, il lungometraggio racconta una delle tante battaglie dell’Atlantico che si sono svolte durante la guerra. In particolare, la nave protagonista si muove nella cosiddetta “black pit”, ovvero quella zona che non è coperta da copertura aerea.

Il film è ambientato interamente sulla nave e presenta l’equipaggio in costante tensione, in attesa del nemico “invisibile” che, sotto il mare, affonda una dietro l’altra le navi che forniscono rifornimenti agli alleati. Salvo una scena ambientata sulla terraferma, dove il capitano rivela alla sua fidanzata che andrà in guerra a comandare la sua prima nave militare, la pellicola è costruita su un intero climax di ansia e pericolo. La tensione è palpabile ed aumenta minuto dopo minuto. Seppur ci siano poche dinamiche tra membri dell’equipaggio e scene “intimiste”, Greyhound racconta di tale clima attraverso dettagli “non detti” che mirano a tenere all’erta lo spettatore. Il capitano della nave è talmente in ansia e in uno stato di costante paura che non ha nemmeno tempo e voglia di mangiare o dormire. L’unico suo “pasto” è il caffè, bevanda che lo aiuta a non dormire in quanto concentrato sulla missione e schiacciato dalla responsabilità di mantenere in vita i membri del suo equipaggio. Non si può permettere il lusso di abbassare la guardia nemmeno per un secondo perché il nemico invisibile è sempre in agguato.

Il lungometraggio è totalmente ambientato nel ristretto e claustrofobico spazio della nave militare dove ogni membro deve remare coeso e univoco per salvarsi la vita e portare a termine la missione. Nessuno può distrarsi perché l’errore del singolo si può rivelare fatele per le sorti dell’intera squadra. C’è il cameratismo e ognuno dei soldati collabora per il bene del collettivo. Uniti si vince. Nel bel mezzo dell’oceano, nel freddo pungente delle acque dell’Atlantico si gioca una lenta e tesa battaglia a scacchi tra la nave e l’u-boot tedesco. Un lento e sottile scontro tra due nemici distanti che lottano per la sopravvivenza. Anche a livello fotografico, questo spazio ristretto viene marcato attraverso poche fonti luminose, con luci calde che sottolineano un ambiente angusto, quasi malsano, pieno di pericoli. Spesso infatti a creare quel alone di mistero, oltre al ghiaccio dell’atlantico, l’ambientazione in notturna e con nebbia.

La trama è scarna; ci sono pochissimi dialoghi e i personaggi secondari non vengono minimamente strutturati. Il protagonista assoluto è il capitano Ernest Krause, l’eroe classico, l’uomo di fede che lotta a viso aperto contro un nemico più potente di lui. Una persona retta, piena di senso del dovere e di responsabilità che nonostante la paura di fallire e di sbagliare cerca di mantenere il più possibile il sangue freddo necessario per riuscire a compiere la missione. Hanks è bravissimo e la sua espressività forniscono quel qualcosa in più attraverso un’interpretazione sottile dove l’emotività è data da primi piani e da “dialoghi non detti”.

La regia gioca tra campi larghi e primi piani del protagonista, alternando spazi ristretti a ampie riprese del mare. Inoltre, per fornite uno stato d’animo di tensione, spesso viene utilizzata una camera a mano per

Greyhound si rivela un prodotto atipico del panorama filmico odierno. Sono pochi i film che mostrano l’attesa e lo stato di paura costante lungo tutta la propria durata diegetica. Spesso si privilegia un climax in crescendo costruito attraverso relazioni umane, mentre in questo caso l’apice della tensione è dovuto all’ambientazione, al conflitto “invisibile”, all’ignoto e alla paura che può scaturire quando si affronta un nemico che non si vede. La pellicola, seppur di genere bellico, è una lotta per la sopravvivenza che si muove attraverso sfumature, sensazioni, paure.

L’intera struttura filmica è costruita per immergere lo spettatore nello stato d’animo del capitano della nave. Fargli vivere la paura e portarlo direttamente sull’imbarcazione militare per vivere appieno quell’ansia e venire schiacciati dal panico. Dal punto di vista dell’ambientazione e delle sensazioni che riesce a evocare, Greyhound si rivela un buon film, tuttavia, a causa della sua conformazione atipica si rivela anche poco incline ad un pubblico mainstream. Poco digeribile e seppur di breve durata, spesso si rivela troppo concentrato e focalizzato su quell’atmosfera carica di angoscia e sbigottimento. Ci sono scene di guerra, di lotta bellicosa ma aldilà di ciò, il lungometraggio non ha un climax drammaturgico forte e d’impatto. La stessa tensione non è gestita sempre in modo efficace e complessivamente la pellicola si rivela priva di qualsiasi sentimento emotivo, fredda come le acque dell’Atlantico. Emoziona poco. Quindi si conferma altalenante e monotona Non compie mai quel cambiamento di passo che avrebbero reso il film più avvincente.  

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata