Nel 2010 il poeta, regista e giornalista danese Jørgen Leth si trovò coinvolto nel terremoto di Haiti. Sopravvisse, ma riportò violenti traumi che da allora gli impediscono di camminare correttamente e gli portano depressione e incubi frequenti. In I Walk racconta la sua drammatica vicenda e il suo tentativo di combattere l’avversità viaggiando nel Laos insieme a suo figlio, per creare un’opera d’arte nella giungla.

I Walk è un ritratto intriso di sofferenza. La vita di Leth fu stravolta in tutto e per tutto dalla catastrofe, e il film è strutturato in modo da trasmettere il più possibile lo smarrimento interiore del suo autore. Le giuste parole, i silenzi, la musica, tutto viene sapientemente dosato per lo scopo. Questa è però solo una conseguenza: il vero obiettivo di I Walk è raccontare come affrontare il male sia possibile, nel caso di Leth tramite l’arte. In un certo senso è anche una storia sul processo creativo, qui analizzato nel dettaglio e non risparmiando quindi i momenti di amara introspezione.

La sua opera è apparentemente semplice: recintare con un drappo rosso una piccola sezione quadrangolare di giungla. Dietro questa azione tuttavia si nasconde molto di più. Se il proprio personale mondo viene devastato dal caos, si è spinti a riportare l’ordine cercando di creare dei punti fermi. La forma geometrica del quadrato, simbolo di stabilità, viene applicata a un ambiente caotico come quello della giungla laotiana, in un’installazione che non danneggia lo splendido paesaggio naturale ma allo stesso tempo crea un microambiente chiuso e discreto.

Il ritmo e il tono di I Walk rispecchiano quelli del suo protagonista e a tratti ciò può rendere difficoltosa la visione. Ma proprio come Leth soffre e si impegna nella creazione del suo lavoro, così chi resista fino alla fine avrà assistito a una potente riflessione sul tempo e le difficoltà.

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