Mark Ruffalo nelle vesti di attore protagonista e co-produttore di un film che dovreste vedere!

Finita la Fase 3 della saga del MCU, Mark Ruffalo si prenda una pausa interpretando (e co-producendo) un piccolo film d’inchiesta, passato quasi in sordina nel mare magnum della distribuzione cinematografica, eppure con il potenziale di una piccola bomba atomica mediatica.

Sì perché Cattive Acque (Dark Waters, titolo originale) è uno di quei film che parte da un fatto forse poco noto (almeno qui in Italia, ma negli USA molto sentito e vivo) che fa leva su sentimenti molto umani ed empatici come l’affetto famigliare e la paura.

Visto il tema trattato, infatti, gli sceneggiatori Marco Correa e Matt Carnahan e  il regista Todd Haynes (noto per i film Io non sono qui e Carol e per la serie tv  Mildred Pierce) scelgono un approccio quasi “da film horror” per raccontare la storia vera dello scandalo dell’inquinamento idrico di Parkersburg, città della  Virginia occidentale in cui ha sede la fabbrica della DuPont, nota multinazionale di materiali chimici realizzati in Teflon, un materiale i cui scarti presentano un elevato grado di tossicità.

Tutto comincia quando un agricoltore del luogo, Wilbur Tennant (Bill Camp), si presenta davanti allo studio dell’avvocato Robert Billot (Mark Ruffalo), astro nascente di un team di avvocati specializzati nella difesa dei grandi gruppi industriali e multinazionali del luogo, per avvisarlo di una strana e anomala moria di animali avvenuta in tutta la zona. Le scene che ne seguono e le indagini dell’avvocato avvengono in un’atmosfera di horror apocalittico: animali che improvvisamente impazziscono, abitanti che sviluppano strane malattie, tosse continua, tumori che compaiono improvvisamente…).
Perfino l’introduzione iniziale dove alcuni adolescenti si appostano lungo le rive di un lago di notte pare richiamare tutta una tradizione di slusher movies anni 80.
Gli elementi horrorifici usati nella pellicola potrebbero sembrare volutamente esagerati per creare quella sensazione di mistero e suspense necessaria per quella che poi sarà la grande rivelazione della vicenda, eppure sono proprio quelli documentati nel lungo articolo-inchiesta del 2016 del New York Times,   “The Lawyer Who Became DuPont’s Worst Nightmare”, da cui il film prende spunto.

Così, dopo mesi di indagini il giovane avvocato giunge all’inaspettata (?) verità. La DuPont scarica da anni (si stima in un periodo risalente addirittura dagli anni 50) i propri scarichi industriali nelle acque pubbliche della Virginia. Da qui il bestiame malato e il sopraggiungere di tumori e cancro, nonché malformazioni nei nascituri. E, cosa ancora più grave, consapevole dei rischi nella lavorazione del Teflon, non ha detto nulla ai propri dipendenti per anni, con misure di sicurezza ridotte al minimo e alterando completamente i rapporti che parlavano di tossicità dei materiali per anni.

È solo l’inizio di un’indagine proseguita per ben 19 anni (e con un processo legale che si trascina tutt’ora) e che ha dimostrato come per anni le acque della Virginia (e tutte le zone afferenti al fiume Ohio) sono state oggetto, per anni, di inquinamento idrico senza alcun controllo, con notevoli danni ambientali e su persone e animali.

L’attore Bill Camp (Wilbur Tennant) in una scena del film Cattive Acque (Dark Waters) – screenshot da www.youtube.com.

Un film, dunque, che scuote le fondamenta del sistema liberale e capitalista americano, e che apre a una scottante verità che ci riguarda tutti da vicino. La pellicola riprende, suddividendola in episodi, l’intera genesi e sviluppo del processo, concentrandosi sulla figura del personaggio interpretato da Mark Ruffalo. Ed è questo il vero punto di forza di tutto il film. L’attore (già noto attivista per l’ambiente) entra, con la sua mimica e la sua postura volutamente esagerata, nei panni dell’avvocato che ha avuto il coraggio di andare contro la sua stessa etica professionale (in teoria lo studio di Billot avrebbe dovuto difendere le aziende coinvolte nel caso) scegliendo di fare una vera e propria obiezione di coscienza in nome di un interesse ben più alto.

Ottimo anche il cast di comprimari che annovera fra le sue file veri e propri mostri di recitazione come Anne Hathaway (Sarah Billot), Tim Robbins (Tom Terp), Bill Pullman (Harry Dietzler) e Victor Garber (Phil Donnelly) e anche gli stessi protagonisti (veri) della vicenda presenti all’interno del film in alcuni cammei.

Un film ambientalista che cerca nella fiction quella chiave di volta per riuscire ad entrare nel cuore e nella mente dello spettatore. Riuscendovi appieno fra l’altro in quanto è impossibile rimanere indifferenti di fronte ad una vicenda così vicina nel tempo ma, in fondo, anche nello spazio (poiché il pianeta su cui viviamo è unico per cui i problemi degli USA possono essere anche i nostri).

Il tono della pellicola varia a seconda degli episodi e dell’attenzione rivolta a ciascuno dei co-protagonisti, per cui si passa da un’atmosfera simil-horror al legal thriller e al drama famigliare, aggiungendo via via sempre più tensione fino al plot twist finale, che rimane comunque tutt’altro che rassicurante.

Si tratta di un film da vedere assolutamente, sia per la tematica che tratta sia per la modalità di racconto scelta, che riesce ad intrattenere e ad informare allo stesso tempo, grazie ad un genere cinematografico (il film d’inchiesta) che torna prepotentemente  a far parlare di sé quale unico medium rimasto per toccare certe tematiche, in un mondo in cui le informazioni “ufficiali” sono sempre più preda delle fake news e in cui anche la stessa scienza viene vista con sospetto.

La pellicola di Haynes fa leva su queste tendenze incentrando tutta la sua vicenda sull’indagine scientifica condotta da un personaggio che non ha un diretto rapporto con la scienza (è un avvocato) anche se al servizio di essa. Ed è, in fondo, anche questo sguardo, allo stesso tempo oggettivo (proprio perché visto da fuori) e soggettivo, a far immergere al meglio lo spettatore dentro di essa, proprio perché vicino agli stessi sentimenti di Billiot. Di fatto lo stesso Billiot è, a suo modo, “spettatore interno” di quanto vede e questo fa sì che si crei maggiore empatia con il personaggio stesso.

Una grande prova attoriale di Mark Ruffalo che dismette, quindi, per un momento i panni del super-eroe marvelliano per immergersi in quelli di un super-eroe molto più “umano” e anonimo, ma il cui lavoro è stato comunque importante per combattere e sconfiggere altrettanti super-cattivi e salvare l’umanità.

In questo 2020 appena iniziato si può dire che Cattive Acque è già una delle sorprese migliori, cinematograficamente parlando, come dimostrano le sue due candidature agli ultimi Satellite Awards.
Un film complesso ma non pesante, che parla, come non mai, all’attualità!

L’attrice Anne Hathaway (Sarah Billiot) in una scena del film Cattive Acque (Dark Waters) – screenshot da www.youtube.com.

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