Il panorama seriale è ormai florido e quasi tutti i progetti audiovisivi più interessanti provengono da quell’universo filmico. La qualità è ormai elevatissima e, in alcuni casi, alcune produzioni hanno superato il cinema sia per termini di budget che di eccellenza.

Uno dei progetti seriali più belli di questi ultimi anni è Chernobyl, miniserie di cinque episodi (52 minuti ciascuna) realizzata in partnership tra Sky e il colosso americano HBO. Come si evince dal titolo della serie, lo show racconta la storia di uno dei disastri, causati dall’uomo, più distruttivi e letali della Storia. Un evento catastrofico raccontato in maniera brillante, claustrofobica, intelligente e con numerosi sotto testi interessanti. Il cuore pulsante dell’intera serie è l’umanità. L’essere umano. I valori sono importanti e messi in evidenza nella serie così come il senso di responsabilità, di giustizia e lo spirito di sacrificio. Chernobyl non racconta “solo” la storia del disastro ma si focalizza prevalentemente su uomini e donne coraggiose e responsabili. Ma non solo, non tutte le figure presenti nella storia sono “giuste”, lo show mostra anche il lato marcio e incompetente. La facciata ignorante dell’umanità che purtroppo, a volte, ha più peso di quella giusta e sveglia, viene resa in modo credibile e veritiera. La stessa cosa avviene con il clima politico che all’epoca era ancora totalitario e restrittivo. Soprattutto in Russia dove la corruzione e l’incompetenza era la norma nel regime comunista. Comandava la forza e le figure di spicco erano più interessate a nascondere i problemi piuttosto che affrontarli e risolverli. In un clima di Guerra Fredda non si poteva fare brutta figura davanti al mondo, quindi, nel caso di Chernobyl, meglio occultare, eliminare i “martiri della verità” e fare pressione affinché il mondo non scopra la vera natura e portata del disastro.  Quindi, dal punto di vista della “varietà” di personaggi e dei sentimenti presentati nella miniserie, Chernobyl è anche un caleidoscopio sulle sfumature umane. Non esistono santi o esseri perfetti, ognuno ha delle pecce, l’importante è avere dei valori e dare tutto sé stesso (anche sacrificare la propria vita) per il bene dell’umanità.  Non si tratta del solito prodotto filmico che mette in mostra la “ricerca della verità”, c’è denuncia, c’è tragedia, ma la storia non offre retorica e né tantomeno rielabora la vicenda per “abbellirla”, dilatandola all’inverosimile (cosa che accade spesso nelle serie).

Chernobyl un ottimo prodotto anche perché azzecca sia il tono che il ritmo. Entrambi gli elementi si rivelano vincenti. In primis il tono in quanto mostra tante cose: c’è una storia d’amore, c’è la tragedia, c’è il conflitto “sottile e invisibile” della Guerra Fredda, c’è una storia d’amicizia, ci sono personaggi forti e improntati su valori etici e civili. Questo mix è ben bilanciato e i toni dei vari generi utilizzati sono resi in maniera efficacia. C’è di tutto e ci sono numerose chiavi di letture. Il ritmo invece si collega alla durata diegetica della storia. I cinque episodi sono giusti e scandiscono perfettamente tutta l’intera vicenda. Non c’è una dilatazione “gonfiata” e viene raccontata la storia senza digressioni o deragliamenti (come spesso accade con i prodotti seriali odierni, belli ma troppo lunghi per raccontare una determinata storia). Il ritmo è avvincente, avventuroso, claustrofobico ed è quasi “sferragliato” dato il fattore tempo per “tappezzare” il problema della centrale nucleare.

 A livello di resa visiva, lo show è ben realizzato con un color grading che ricrea fedelmente il clima irrespirabile e radioattivo. Un misto di grigio verde malsano che è presente per tutto lo show. Colori fumosi, una cortina di ferro che inquadra l’ambiente della storia. Il clima Russo della Guerra Fredda.

Per quanto riguarda la narrazione. Lo show è così ben ritmato e dal giusto tono grazie anche a delle semplificazioni diegetiche che lo showrunner (e creatore), Craig Mazin, ha adottato per snellire la drammatizzazione. Infatti, alla fine della storia, si evince che il personaggio di Ulana Khomyuk è stato creato per dar voce a tutti quegli scienziati che hanno dato il loro contributo alla causa. Un escamotage che permette alla narrazione di concentrarsi su pochi personaggi e di non disperdersi in digressioni che avrebbero ingolfato il racconto.

Per concludere, la miniserie Chernobyl è un ottimo prodotto filmico. Avvincente, ansioso, ben scritto e recitato, offre un’autopsia drammatizzata del più grande disastro causato dall’umanità. Una storia che fonde numerosi elementi di genere, di testo e di principi. Non c’è denuncia, ma solo voglia di mostrare la verità e mettere in risalto una storia che deve servire da monito a tutte le costruzioni dell’uomo. I cinque episodi scorrono velocemente e porta lo spettatore a inorridirsi dell’incapacità umana. Un racconto di alto livello visivo, di scrittura e di realizzazione. Assolutamente imperdibile.

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