Spesso, ai festival, le sezioni parallele offrono una ventata di novità e di freschezza. Le opere prime sono sempre interessanti e intriganti. Quest’anno, in concorso nella sezione Orizzonti della 75° Edizione della Mostra del Cinema, è stato presentato il lungometraggio Amanda, terza opera del regista Mikhaël Hers.

Amanda è un film dall’alto tasso drammatico che parla di morte con delicatezza e che guarda costantemente alle gioie della vita. Un buon prodotto filmico, povero di contenuti ma ricco nella sospensione drammatica e metaforica. Una storia filtrata attraverso lo sguardo della bambina che è costretta a vivere giorni di fragilità emotiva a causa di un improvviso lutto.

David è un 24 anni ancora alla ricerca del suo posto nel mondo. Ha dei lavoretti e vive la sua vita con spensieratezza. Ha un ottimo legame con sua sorella, madre single, e con sua nipote, la piccola Amanda di sette anni. All’improvviso, a causa di un terrorista, la mamma della bambina muore in un parco. Toccherà ai pochi parenti rimasti prendersi cura di lei.

I protagonisti di questa vicenda sono Amanda e lo zio David, due figure che vivono il lutto in maniera simile, anche se in maniera differente data l’età. Lo zio è poco più di un ragazzo, sta cercando di vivere la sua vita e, da poco, ha trovato l’amore della sua vita, Lena, una ragazza di campagna anch’essa vitta del terrorista del parco. Ha paura di farsi carico di Amanda, in quanto è una responsabilità troppo grande per lui. Inoltre, sua sorella era la forte delle famiglie ed era colei che “responsabilizzava” tutti. Una figura di riferimento che viene a mancare nella sua vita. Per questo motivo, David si sente schiacciato, incastrato e non riesce a trovare una soluzione. Incapace di reagire al lutto, trova la forza di andare avanti, occupandosi della nipote, anch’essa sotto tensione per la perdita della madre. Entrambi sono due anime distrutte, perse che, pian piano, si ritrovano. Amanda fa fatica a trovare una nuova routine quotidiana e ad obbedire a qualcuno oltre a sua madre mentre David non si sente in grado di ricoprire un ruolo genitoriale.

Sia David che sua sorella sono stati cresciuti dal padre poiché la madre gli ha abbandonati quando erano piccoli. Quindi, inconsciamente, si sente inadeguato in quanto ha sempre vissuto quasi praticamente senza genitori. L’unica figura di riferimento era sua sorella. Proprio lei, per riappacificarsi con la madre, emigrata a Londra, ha organizzato, prima dell’incidente, un viaggio nella capitale per seguire una giornata del torneo tennistico di Wimbledon. Un modo per far conoscere la propria madre al fratello e presentare sua figlia Amanda.

Il regista, Mikhaël Hers, racconta, senza retorica, i giorni successivi alla tragedia e lo fa con un ritmo leggero, tra un sorriso e un pianto. Tra scene di dialoghi e altre di abbracci consolatori. La storia è l’elaborazione del lutto, una fase ostica che necessita di una riflessione intima, personale. L’atmosfera è malinconica e aleggia lungo tutta la storia. Nella pellicola è la tenerezza che fa da padrona. Dramma intenso vissuto in prima persona da David e Amanda. Proprio quest’ultima è la grande protagonista. Non riesce a realizzare la dipartita della madre, non si rende pienamente conto che non la rivedrà mai più. L’unica cosa che sa è che è affidata allo zio e viene sballottolata tra una casa e l’altra.  A sbloccare emotivamente la bambina sarà proprio il viaggio a Londra al torneo di Wimbledon quando sulle tribune del campo da tennis si rende conto che la figura della madre è andata via per sempre e che una fase della sua vita è finita. Realizza il lutto e scoppia in un pianto liberatorio che la mette in crisi in quanto percepisce la morte della madre come la fine della sua vita. Tuttavia, grazie allo zio, Amanda scopre che le situazioni negative possono essere ribaltate (attraverso una metafora con il tennis molto ben costruita emotivamente) e che non esiste una fine. Esiste solo la vita e che deve essere vissuta senza rimpianti e che bisogna rialzarsi dopo le difficoltà.

Amanda è un film molto intenso, intimo e che racconta l’elaborazione del lutto in maniera metaforica e onirica. Un’atmosfera palpabile di melanconia che aleggia sin dalle prime battute e che si trasforma in malinconia che commuove e crea una riflessione emotiva nello spettatore. Il regista è bravo a sovvertire le aspettative degli spettatori in quanto, nelle prime scene, si passa da una storia romantica d’amore in una pellicola dall’alto tasso drammatico ed emotivo. Complessivamente, come storia è povera, non ci sono molti elementi, tuttavia colpisce per la costruzione della tensione emotiva e riesce a far emergere i conflitti drammatici dei protagonisti. Quindi, nel suo operato raggiunge il suo scopo prefissato e si conferma un buon film drammatico.

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