Gli attacchi terroristici del 26 novembre 2008 a Mumbai rimangono come uno degli attentati più gravi commessi nello scorso decennio. Per quattro giorni dieci uomini appartenenti al gruppo fondamentalista islamico Lashkar-e-Taiba misero a ferro e fuoco la città, portando avanti una serie di assalti in vari punti di interesse strategico. L’ultimo di questi ad essere liberato fu il lussuoso Taj Hotel, ed è proprio lì che si svolgono le vicende di Attacco a Mumbai, diretto da Anthony Maras. Il film ricostruisce la gestione dell’attacco all’albergo da parte degli ostaggi al suo interno, in seguito raggiunti dalle forze dell’ordine. L’ampio cast comprende Dev Patel, Armie Hammer, Jason Isaacs, Nazanin Boniadi e il celebre attore indiano Anupam Kher.

Nel voler raccontare il suo soggetto mantenendo alti i livelli di dramma e tensione, Attacco a Mumbai funziona egregiamente. Le persone coinvolte nell’attentato reale avevano già dall’inizio un potenziale enorme di impressione a livello filmico. Rielaborate e accorpate per creare nuovi personaggi, queste figure interagiscono tra loro in vari modi, assicurando la scorrevolezza degli eventi. Il personaggio dello chef Oberoi, interpretato da Kher, è tra i pochissimi a non essere stato rimaneggiato rispetto alla controparte reale, e osservandolo nel film quasi non ci si crede. Un professionista talmente dedito ai suoi dipendenti e alla sua clientela da fare di tutto pur di metterli in salvo. Nel complesso, quasi tutti i personaggi sono perfettamente funzionali nel costruire il dinamismo della storia.

Attacco a Mumbai ha anche il pregio di mostrare il lato più ignorato del fondamentalismo, quello che lo collega a un contesto sociale caratterizzato da povertà e ignoranza, con la fede cieca come unica luce nel buio di una vita impossibile. Pur non giustificando in alcun modo l’estremismo religioso e presentando i terroristi e i loro mandanti in tutta la loro malignità, il film mostra che anche tra gli attentatori è possibile trovare tracce di umanità, per quanto distorta dai fini e dai mezzi che li rappresentano. Lo fa tramite il personaggio di Imran (Amandeep Singh), l’unico tra gli attentatori che dimostra di avere una propria coscienza. In nome della fede, Imran esita ad eseguire (o addirittura non esegue) gli ordini imposti dall’alto ed è interessato solo e soltanto al benessere economico della sua famiglia, pronto anche a morire pur di assicurarglielo.

In controtendenza con l’aspetto appena trattato, il principale difetto del film è la sua tendenza a prendere posizioni fin troppo nette nel caratterizzare certi personaggi. Rappresentare gli agenti di polizia come eroi senza macchia né paura e i milionari come idioti viziati disposti anche a rischiare la vita pur di non cedere alla condizione di emergenza ha il gusto della retorica spicciola. La stessa retorica esibita nella sequenza del ravvedimento della ricca signora Karvelas (Chantal Contouri) ad opera di Arjun (Patel). Il politically correct è ormai onnipresente, ma proprio per questo andrebbe messo in scena con la dovuta sottigliezza. Nonostante i demeriti, Attacco a Mumbai resta un film solido in grado di contrapporsi alla valanga di opere mediocri, se non orribili, con la stessa trama ed un budget dieci volte superiore. La mano della produzione australiana si nota.

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