Il 21 marzo è stata la Giornata Mondiale delle Persone con Sindrome di Down. Una giornata specifica per riflettere e combattere i pregiudizi che ruotano attorno ai portatori di Sindrome di Down, speso trattati o con facili buonismi o con un sottile razzismo.

Il tema scelto per la Giornata di quest’anno (#WhatIBringToMyCommunity) vuole invece porre l’accento sul contributo attivo che i portatori di Sindrome di Down possono apportare alla società.

Anche il mondo del cinema (che in virtù del suo potere visivo e iconico si è sempre prestato per porre l’accento su questioni e tematiche sociali) ha preso parte a questa iniziativa con delle proiezioni ad hoc. In particolare il cinema italiano con due prodotti, usciti quasi in contemporanea durante la settimana, che hanno sviscerato questo tema ciascuno in maniera originale.

Detective per caso

Locandina del film “Detective per caso”.

Realizzato grazie all’accademia L’arte nel cuore (un’associazione che si occupa di formazione artistica facendo lavorare assieme ragazzi normodotati e disabili) e distribuito presso il circuito The Space nelle giornate del 18-19 marzo, Detective per caso è una commedia (di stampo poliziesco) in cui un gruppo di amici, accomunati dal fatto di essere tutti portatori di Sindrome di Down,  indaga sulla scomparsa di un loro amico.
Attorniati da un cast di attori famosi professionisti (tra cui spiccano i nomi di Claudia Gerini, Paola Cortellesi, Massimiliano Bruno, Lillo, Valerio Mastandrea e tanti altri) è soprattutto il cast di giovani attori disabili a risaltare sullo schermo.
Le particolarità di quest’opera sono tante, a cominciare dal già sopracitato fatto che i protagonisti sono ragazzi con Sindrome di Down completamente indipendenti (elemento che non sempre viene fatto notare sul piccolo e grande schermo) che hanno un ruolo predominante rispetto ad attori ben più noti, qui relegati al ruolo di comparse nella vicenda.
Sono loro, infatti, il centro e il motore di tutta la storia che, forse per la prima volta in un film italiano, non utilizza attori con Sindrome di Down per parlare in maniera specifica di disabilità o di malattia.
Detective per caso è prima di tutto un giallo, venato da un tono di commedia che lo rende ancora più accattivante agli occhi del pubblico. Non c’è alcun riferimento diretto alla Sindrome di Down per cui gli attori protagonisti svolgono le stesse funzioni degli attori normodotati. Tra l’altro, i protagonisti sono gli unici personaggi caratterizzati veramente a tutto tondo, ciascuno con i propri pregi e difetti, capaci di essere figure positive ma per nulla “buoni a tutti i costi” (ed è un passaggio non sempre scontato, anche per i film con attori normodotati).
Il film parla soprattutto di amicizia e del non arrendersi di fronte alle difficoltà (per cui la scelta del genere poliziesco risulta molto azzeccata), una storia di formazione che potrebbe essere interessante sia per il pubblico disabile che per quello normodotato.
Proprio nella sua “normalità” (a tratti quasi prevedibile) sta in realtà la forza di questo film. Si tratta certamente di un prodotto leggero adatto per un pubblico di famiglie, che tuttavia riesce nel tentativo di incuriosire e creare la giusta empatia. Un prodotto che sicuramente merita una visione.

Dafne

Dello stesso avviso anche il film Dafne (in programmazione nei cinema dal 21 marzo) per la regia di Federico Bondi.
Di tutt’altro tono rispetto a Detective per caso,  il film si caratterizza per essere una commedia dai toni aspri, in cui il dramma e la risata si fondono insieme in un caleidoscopio di emozioni.
Protagonista-mattatrice del film è Dafne (Carolina Raspanti) trentacinquenne portatrice di Sindrome di Down che vive ancora con i suoi genitori ma per il resto è completamente indipendente.
La morte improvvisa della madre sconvolgerà l’equilibrio famigliare, soprattutto per quanto riguarda suo padre che cadrà in una profonda depressione. A questo punto i ruoli tra i due si ribalteranno: sarà l’esuberante e acida figlia (portatrice di uno humour particolarmente “british”) a cercare, in tutti i modi, di prendersi cura dell’anziano genitore facendogli ritrovare il gusto per la vita.
Anche in questo caso il tema della disabilità viene quasi relegato sullo sfondo in un simpatico road-movie esistenzialista in cui il tema principale è la convivenza e il legame tra due persone che, nello stesso modo ma con caratteri differenti, cercano un proprio riscatto affettivo.
Si tratta prima di tutto, quindi, di un film sui sentimenti in cui la componente disabile del cast diventa parte attiva della storia senza alcun trattamento “paternalistico” (semmai il contrario) e senza indulgere eccessivamente in buoni sentimenti.

 

Entrambe le pellicole dunque, si caratterizzano più per la scelta dei rispettivi cast che non per le loro trame, in parte già viste e riviste in decine di altri film simili (pur mantenendo una loro originalità). Il tema principale in entrambi è quello della forza dei legami affettivi e personali, l’unica che è capace di rendere effettivamente “forti” e indipendenti.
Interessante come questo concetto venga riferito alla Sindrome di Down, per cui, in questo caso, il portatore non è visto come un soggetto passivo, bensì attivo, della storia propri perché è il soggetto più adatto per rappresentare questo concetto.
Si tratta perciò di un ribaltamento dello stereotipo classico del disabile (nel caso specifico del portatore di Sindrome di Down) che per la prima volta viene rappresentato come “colui che aiuta” non come “colui che viene aiutato”. Il tutto rimanendo comunque fedeli e coerenti alle proprie trame, senza indulgere troppo nel patetismo e/o nel buonismo, ma costruendo personaggi solidi e a tutto tondo.
Nel loro piccolo, quindi, queste due pellicole, mettono in mostra un nuovo canone di rappresentazione in cui non c’è alcuna differenza tra attori normodotati e attori disabili. Un elemento che ancora oggi appare tutt’altro che scontato.

Scena tratta dal trailer di “Dafne” (screenshot da www.youtube.com).

Tutte e due i film, inoltre, si connotano per una tendenza alla commedia e all’umorismo, ciascuno con la sua diversa sfumatura, elemento fondamentale che dimostra la volontà di accedere a un pubblico più variegato possibile, rientrando in quell’ampia categoria che può essere definita come “film per famiglie”.
I personaggi rappresentati riescono facilmente a imprimersi nella memoria dello spettatore per il loro umorismo e la loro determinazione per cui si tratta di pellicole, nei loro rispettivi generi, riuscite ed empaticamente forti.
Due prodotti, dunque, che al di là del loro messaggio sono un buon intrattenimento per lo spettatore, come solo i migliori film a tematica “sociale” (pur essendo “a-sociali” da questo punto di vista) riescono a fare.

 

 

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