Il sogno nel cassetto di Lara, 16 anni, è quello di diventare una ballerina di danza classica. Per questa ragione, si iscrive a una prestigiosa accademia e si trasferisce in un’altra città con il padre Mathias e fratellino Milo. Lara è promettente, un talento in erba, ma ha bisogno di allenarsi duramente, perché molto indietro rispetto ai suoi compagni. Il corpo di Lara, infatti, è ancora quello di Victor ed è in transizione, in attesa di un’operazione che possa finalmente trasformarla in una ragazza a tutti gli effetti.

Girl è il racconto d’esordio del belga Lukas Dhont, classe 1991, che ha catturato le platee dell’ultimo Festival di Cannes e si è aggiudicato ben quattro premi; una storia che il regista ha deciso di dedicare a coloro che affrontano una sofferta lotta interiore per andare incontro a ciò che vogliono essere.

Il film di Dhont è concepito e girato come una sorta di documentario, un reportage intimistico e voyeurista, che segue Lara in ogni step della sua giornata: i viaggi in metropolitana, le visite da medici e psicologi, l’assunzione di estrogeni, i faticosi allenamenti sulle punte insieme alla sua personal trainer, le articolate coreografie di gruppo, le docce negli spogliatoi, le serate in famiglia, le festività, le confidenze col padre e le lunghe contemplazioni del proprio corpo nudo davanti allo specchio, immaginando curve femminili; il tutto si ripete ciclicamente, per dare il ritmo a una routine che nella sua particolarità non appare poi così diversa da quella di chiunque altro. Come accadeva per l’Adele di Abdellatif Kechiche, l’obiettivo della macchina da presa è sempre vigile, quasi morboso, non perde mai nessun movimento, nessuno sguardo, a costo di regalare inquadrature instabili e tremolanti.

Il regista sceglie inoltre, non a caso, di focalizzare sulla danza il motivo portante della vicenda: danzare implica l’assunzione di consapevolezza del proprio corpo, la capacità di modellarlo e armonizzarlo con fatica e sacrificio. Ma più i piedi di Lara, ancora troppo maschili, sanguinano per raggiungere una preparazione ottimale, più il suo corpo non è in grado di accogliere quell’eleganza e quella femminilità che si addicono a una ballerina e giorno dopo giorno l’immagine che si riflette nello specchio è un fardello che si appesantisce, di cui bisogna liberarsi. Eppure Lara è circondata da amore e comprensione, ha un ottimo rapporto con il padre, che l’asseconda nella sua scelta e desidera solo vederla felice, è molto affezionata Milo e va d’accordo con i compagni dell’accademia, tutti perfettamente consapevoli della situazione (sebbene a tratti un po’ invadenti), è assistita da medici amorevoli e da un terapista che la invita ad aprirsi al mondo e alla propria acerba sessualità; non si avverte nessun tipo di ostilità da parte della società o della famiglia e questo, paradossalmente, contribuisce a rendere il disagio e la frustrazione della ragazza palpabili, perché provenienti spontaneamente dalla sua parte interiore. Tali sentimenti raggiungeranno il culmine in un finale spiazzante e intollerabile, ma che inevitabilmente condurrà alla tanto agognata trasformazione.

Per un ritratto così sofferto e umano, Dhont sceglie come protagonista il giovane attore Victor Polster, dai tratti androgini e delicati, in grado di regalare una performance davvero toccante, appassionata, di grande forza e sensibilità, per la quale ha ottenuto il premio come migliore attore nella sezione Un certain regard.

Con Girl si compie dunque un notevole passo in avanti rispetto ai classici film sulla tematica transgender, che generalmente descrivono un ambiente intollerante e ottuso, e ci si allontana decisamente, focalizzandosi esclusivamente sul conflitto individuale, indispensabile per raggiungere finalmente l’amore verso sé stessi.

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