Considerazioni sulla Masterclass tenuta da Spike Lee e David Cronenberg sul futuro della settima arte.

Si sta svolgendo, in questi giorni, la 75esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia.
All’interno della manifestazione, oltre ai numerosi film in concorso e fuori concorso, c’è tempo anche per incontri e workshop riguardanti la settima arte, in tutte le sue accezioni.

Una di queste, per esempio, è stata la “Masterclass Mastercard sull’innovazione e sui Rule Changers nel mondo del cinema” tenutasi venerdì 31 agosto, la quale ha avuto come protagonisti d’eccezione i registi Spike Lee, David Cronenberg, Susanna Nicchiarelli, la costumista Sandy Powell e l’attrice Blanca Suarez.

La Masterclass ha avuto uno straordinario successo, sia per i suoi relatori sia per la diretta integrale degli interventi che ha coinvolto tutta la comunità del web e gli appassionati di cinema (e che è possibile recuperare a questo link).

Numerose sono state le visualizzazioni e i commenti da parte degli utenti, soprattutto perché la Masterclass andava a toccare uno degli argomenti più spinosi degli ultimi tempi riguardanti la settima arte: Netflix.

È indubbio che il successo avuto dalla piattaforma streaming (e non solo Netflix, anche le concorrenti Amazon Prime, Hulu…) ha radicalmente cambiato il modo di produrre e di vedere i film, soprattutto per merito delle nuove tecnologie che stanno cambiando usi e costumi degli spettatori, per le quali se prima la sala cinematografica era la modalità di visione principale per i film, oggi c’è veramente l’imbarazzo della scelta per quanto riguarda le modalità di fruizione.

Conseguentemente a questa “rivoluzione tecnologica” non sono mancate le polemiche che hanno investito la stessa manifestazione già prima del suo inizio. In concorso quest’anno alla Mostra, infatti, saranno presenti ben tre produzioni targate Netflix (Sulla mia pelle di Alessio Cremonini, La ballata di Buster Scruggs dei fratelli Coen e Roma di Alfonso Cuaròn), le quali saranno disponibili sulla piattaforma streaming nei mesi successivi la Mostra del Cinema.
Proprio il fatto che i suddetti film avranno una distribuzione “online” (ma non è detto che ce l’abbiano anche in sala) era stato il fattore scatenante di critiche e di esclusione nei principali festival cinematografici che si erano immediatamente schierati a favore della sala cinematografica e bandendo dalle proprie selezioni i prodotti delle piattaforme streaming (famosa, a tal proposito, la decisione del Festival di Cannes, promotore dell’iniziativa).
Il direttore della Mostra, Alberto Barbera, ha scelto di andare controcorrente con questi tre film, salvaguardando così la qualità che tali produzioni hanno (si tratta pur sempre di film diretti da autori noti e stra-premiati per i loro lavori) ma anche lasciando aperta la discussione in merito, così come la Masterclass stessa dimostra.

Subito, infatti, la prima domanda che viene posta ai registi è un commento sulla loro esperienza in merito a queste nuove tecnologie. Anche in questo caso i pareri sono stati, per alcuni versi, discordanti e hanno diviso in due i partecipanti al forum online (come spesso accade durante questo tipo di discussioni) in due team ben distinti: #TeamLee e #TeamCronenberg

Secondo il regista di Lola Darling e Fa la cosa giusta, pur riconoscendo l’importanza di queste piattaforme a livello produttivo (Netflix ha prodotto la sua serie televisiva She’s Gotta Have It, che riprende la storia di Lola Darling e con il ricavato ha potuto realizzare BlacKKKlansman, il suo ultimo film premiato al Festival di Cannes, ndA) e di come lui stesso ama molto la tecnologia e il suo utilizzo per realizzare film, tuttavia ha rimarcato l’importanza della sala cinematografica chepermette un’interazione sociale molto diversa e unica nel suo genere.

Spike Lee:«Da piccolo andavo in un teatro di New York a vedere i film. Oggi non c’è più a New York un teatro che sia grande come quello. Le sale di oggi sono come delle discoteche o delle sale da ballo. Noi dovremmo fare in modo che i nuovi teatri siano costruiti allo stesso modo… preservare i vecchi teatri, proprio come preserviamo i vecchi film»

Più possibilista, invece, la risposta di David Cronenberg che esordisce dicendo che «In fondo Lawrence d’Arabia è bello anche se visto sull’Apple Watch». Per il regista de La mosca e Videodrome, tutte le innovazioni tecnologiche degli ultimi tempi fanno parte del “flusso naturale” della tecnologia per cui quello che oggi ci spaventa e ci fa dire che è “la morte del cinema” è semplicemente una sua evoluzione. Quindi, per le prossime generazioni sarà abbastanza normale vedere i film tramite iPad e iPod, come già oggi sta avvenendo, l’importante è che non si fermi il processo creativo e  si continuno a realizzare buoni prodotti.

David Cronenberg: “Non importa che tipo di media stiamo utilizzando. Noi possiamo accedere a questi contenuti ovunque, ed è quello che la gente vuole. E forse anche la forma del film cambierà per adattarsi ai nuovi strumenti […]. Io ho sì un amore nostalgico per i film di una volta, ma questo non mi cambia la vita, non dico ogni giorno che dobbiamo ritornare ai film del passato […] il cinema non sta “morendo” il cinema si sta “evolvendo” ed è una cosa molto interessante e che ci riempie di entusiasmo»

La discussione prosegue concentrandosi sul “caso Netflix” che Cronenberg promuove a pieni voti dicendo che non ha un bisogno eccessivo di promozione dal momento che rilascia i suoi contenuti direttamente in streaming in tutti i paesi del mondo. Il modo di pubblicizzare un film è radicalmente cambiato ed è uno strumento molto potente da questo punto di vista. A questo punto prende la parola Susanna Nicchiarelli riguardo il famigerato “algoritmo” di Netflix che adatta serie tv e film in base ai gusti del pubblico.

Susanna Nicchiarelli: «Vedere un film è soprattutto un’esperienza “politica”, si va al cinema anche per stare con altre persone e per guardare e discutere insieme di un film. Ed è questo che dovremmo difendere nel futuro. Non è semplicemente un a questione di “piccolo schermo” o “grande schermo”, la differenza tra il cinema e una visione di tipo privato è la condivisione di un’esperienza […] dal mio punto di vista questo ha un significato politico»

A questo punto la discussione procede fra i tre registi e coinvolge anche le altre due ospiti.

Sandy Powell parla di come il suo lavoro la appassiona molto e soprattutto le piace come la sua arte (che è prettamente artigianale) si possa mischiare con gli effetti speciali creati dal digitale, mentre Blanca Suarez parla della differenza del mestiere di attrice tra piccolo e grande schermo.

In un certo senso tutti gli ospiti hanno ribadito il concetto che il film sia legato in maniera indissolubile al concetto di “esperienza filmica”, che è il vero discrimine tra questi due modi di fare cinema come dimostrano i vari aneddoti raccontati dai protagonisti della Masterclass riguardo le loro esperienze di visione.

Al di là dei rispettivi gruppi comunque oggi c’è una convivenza tra queste due forme di visione (sala e streaming) che, almeno ad oggi, possono tranquillamente convivere tra loro. Il focus della discussione si concentra poi sulle opportunità per i giovani registi di distribuire i propri film con i nuovi servizi streaming.
A tal proposito Spike Lee afferma che è molto difficile per i giovani riuscire a entrare in questi giri di distribuzione (soprattutto se l’algoritmo di Netflix si concentra sulla riconoscibilità da parte del pubblico di registi/attori, ndA) e che tuttavia proprio perchè l’epoca in cui viviamo è ancora molto “ibrida” e c’è bisogno sempre di più di contenuti si possono creare molte buone opportunità anche per loro.

La Masterclass, in generale, si è rivelata veramente molto interessante e molto seguita, segno che il tema appassiona e che il cinema (checché se ne dica) è tutt’altro che morto!

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata