Il cinema del reale è ancora vivo. Spesso la quotidianità e anche la monotonia della vita vengono spettacolarizzate nei film, ma, a volte, è essenziale mostrare un lasso di tempo di una persona per mostrarci l’essenza stessa della realtà.

Lucky è un film di John Carrol Lynch con Henry Dean Stanton e David Lynch. La storia racconta la vita di un anziano signore, il più vecchio del suo paesello sperduto del deserto, che nonostante fumi in continuazione è sopravvissuto a tutti i suoi coetanei. Solitario e indipendente, ha come hobby le passeggiate, il fumo e i cruciverba. Tuttavia, un giorno, durante un piccolo malore, lo porta a riflettere sulla vita e su come sia importante condividerla con gli altri.

Lucky è un buonissimo film con una monumentale interpretazione del compiano Henry Dean Stanton, che fornisce spessore e carisma ad un personaggio fatiscente, ormai al baratro della vita. Un corpo morto che cammina e che si aggira in una cittadina in stile Far West. Anche i suoi abiti richiamano l’ambientazione da western: cappello da mandriano, armonica e abbigliamento da cowboy. In realtà, Lucky, cosi è conosciuto nel suo paese e il nome non viene mai citato, ne ha viste di tutti i colori, ha servito nella Seconda Guerra Mondiale come Marine. Indipendente, è sopravvissuto solitario senza mai prendere moglie e senza figli. Vive un’esistenza effimera e l’unica “emozione” è dovuta ai suoi cruciverba che lo stimolano e lo portano ad accresce il suo vocabolario. Inoltre, nonostante la sua solitudine ha amici che si preoccupano della sua salute e dei suoi pensieri. Ogni sera, infatti, si ritrovano a bere al bar del paese e parlare.

Lo stile registico è tipico del cinema europeo: camera fissa, tempi morti utilizzati per raccontare la realtà, storia con pochi dialoghi dove a “parlare” sono sguardi, scenografie ed azioni. Figlio di un cinema americano indipendente e figlio di influenze europeiste, John Carrol Lynch confeziona un buon film. Un prodotto vecchio stampo che racconta la vita in maniera verosimile. Il mondo creato dal regista è coeso e la figura protagonista è intrigante e curiosa. Lucky acquista consapevolezza del tempo che passa in modo graduale e attraverso una riflessione personale dovuta ad un acciacco fisico. Il tempo scorre inesorabile e si rende conto che deve vivere maggiormente. Cogliere l’attimo e vivere alla giornata.

Nella pellicola ci sono tante buone interpretazioni e, a spiccare, David Lynch, il leggendario regista che in Lucky interpreta uno stralunato amico del protagonista, amareggiato per aver perso la sua tartaruga di nome Presidente Roosvelt.

Il lungometraggio trasuda di umanità in quanto Lucky è una persona vera, buona, solitaria e che non vive di rimpianti. Onesto e tranquillo, vive la sua vita come se non ci fosse una fine. Luck prende consapevolezza di voler vivere e capisce che, nonostante, l’età non è mai troppo tardi per cambiare rotta: emozionarsi, innamorarsi e vivere. Un’esistenza che si libera di una bolla emotiva e che fornisce alla pellicola uno status emotivo che genera tristezza, riflessione e lacrime sincere. Una commedia nera, drammatica che però non forza l’emozione ma la accumula sempre più e la fa esplodere nelle ultime scene dove il protagonista trascende tutta la sua voglia di vivere. Un buon film da guardare e da apprezzare sia per l’interpretazione del compianto Henry Dean Stanton che per la messinscena del cinema del reale ormai desueta e sempre più rara in produzioni cinematografiche.

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