Dopo diciassette anni dal primo titolo della saga, Gary Ross (Hunger Games) riporta sullo schermo un sequel/spin-off della celebre trilogia di Ocean’s, Ocean’s 8. Con un cast stellare e tutto al femminile, il nuovo capitolo della serie si dimostra all’altezza dei precedenti, non deludendo in termini di azione e di colpi di scena. Le abilità registiche (ora produttive) di Soderbergh, che erano state in grado di omaggiare il film Colpo grosso (1960) con la prima pellicola della trilogia, non vengono cancellate da Ross che, al contrario, cerca di seguire le sue orme, limitando la sua stessa creatività.

Dopo cinque anni, otto mesi e dodici giorni, la sorella di Danny Ocean, Debbie (Sandra Bullock), esce di prigione ed è pronta per mettere in atto il suo nuovo colpo: rubare una collana da centocinquanta milioni di dollari durante il MET Gala di New York. Al suo fianco non ci sono solo professioniste ma, donne abili e intelligenti che si improvvisano vere e proprie maestre del crimine. Pronte a diventare parti indispensabili di un colpo milionario, Lou (Cate Blanchett), Rose Weil (Helena Bonham Carter), Amita (Mindy Kaling), Tammy (Sarah Paulson), Costance (Awkwafina) e “Palla Nove” (Rihanna) seguono Debbie in questa impresa che prenderà forma scena dopo scena.

Se «Gli uomini danno nell’occhio e noi vogliamo passare inosservate» è la spiegazione che Debbie dà nel film per la scelta delle sue donne criminali, il cast messo in piedi da Gary Ross è tutt’altro che inavvertito. Con delle capacità attoriali di altissimo livello e una presenza scenica di rara bellezza, le compagne della nuova Ocean, insieme con la regina del Met Gala Daphne Kluger (Anne Hathaway), non fanno rimpiangere la prima trilogia. Lungi dalle scelte di marketing che nel panorama contemporaneo vedono la prevalsa delle donne sul grande schermo, Ocean’s 8 è una rappresentazione della crescita sociale. Non c’è più la dolce Julia Roberts di Ocean’s Eleven che deve essere aiutata ma, ci sono otto donne agguerrite che si salvano da sole. Non c’è sessualità o uso sfrontato del corpo femminile, ci sono solo intelligenza e pianificazione, abilità che si dimostrano in possesso del nuovo gruppo tanto quanto lo erano negli uomini della prima versione.

Tuttavia, come in ogni sequel/spin-off che si rispetti c’è sempre un “ma” e, questa volta, riguarda la trama. Nonostante il cast di alto livello e la fedele scenografia, lo svolgimento degli eventi è stato lineare. Non si è avvertita quella sensazione di panico che avrebbe dovuto accompagnare il colpo e, di conseguenza, lo spettatore non ha sentito la tipica suspense che permea questo genere di film. L’assenza di percezione e quel senso di “già visto” hanno rischiato di minare i buoni propositi della pellicola, che, però, sono stati salvati egregiamente dai colpi di scena. Nel complesso, Ocean’s 8 si è rivelata un’ottima prova, una base di partenza che, senza drammi e senza ostentazione, potrebbe dare il via alla nuova trilogia rosa già in cantiere.

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